il mio mondo

dov'è il pulsante "salva con nome" del mio cervello? dov'è che si fanno le copie dei ricordi per essere sicuri di non perdere i dati?

prometto a me stesso che ricorderò per sempre l'inutile, grigio, insignificante pomeriggio di ieri, domenica 26/11.

sveglia tardi con bimbi un po' noiosi, nessun programma se non per il pranzo da mio cognato. voglia poca.
dopo pranzo tentativo di pennica sul lettino della nipote stroncato da mia moglie all'urlo "si va ai giardini" con bimbi in estasi.
vabbè, si va.
da lì in poi una susseguirsi di immagini che mi si sono stampati nella memoria come le immagini di un vecchio filmino superotto di mio padre.
il mare quasi bianco per colpa del cielo nuvoloso, mio figlio samuele vestito di rosso che pedala felice sfrecciando sulla sua bici con sellino da alzare e freni da regolare, il suo sorriso, il suo grugnito per imitare il rumore della moto, mio cognato che sorride al mio piccolo alessandro che lo intenerisce chiamandolo TIO e allungando le mani per farsi prendere in braccio, mia nipote che si nasconde tra le gambe di mia cognata per non provare ad andare in bici senza rotelle.
gli sguardi dei miei cognati che si incontrano poco, che sembrano non cercarsi più, e tutti noi a sperare che si ritrovino, che si riaccendano e che la loro bimba li riveda per mano.
mia moglie bellissima, un po' stanca, un po' annoiata, vestita bene, con cura, come piace a me, anche se è una domenica senza sprint. io rilassato, felice, un po' estraniato dai rumori e dalle parole dei due amici incontrati, ma presente con gli occhi e col cuore, a guardare tutto come un filmino muto, guardato a 60 anni nello sforzo di ricordare i miei figli piccoli e vivaci, nella meraviglia e lo stupore della loro crescita.
la magia di vivere un momento indimenticabile nella domenica più insignificante dell'anno. questo birillo vestito di rosso col ciuffetto biondo che sfreccia nel grigio e gli occhi azzurri del piccolo, accesi come i colori di una giostra incuriositi da tutto.

il mio mondo.

ma che mammo e mammo (mariti scimmietta 2)

mia madre era femminista e macrobiotica. ed io sono sopravvissuto. incredibile!

intendo dire che la sera non picchio mia moglie ed ho anche un rapporto sereno con la coca cola e la nutella.

chi come me ha vissuto nel disordinato raggio d'azione di una femminista degli anni 70 - pure macrobiotica che è un'aggravante - sa che si poteva e si può essere femministe in due modi.
invocare il diritto all'uguaglianza o invocare il diritto alla differenza.

quelle dell'uguaglianza sono quelle della prima ora "vogliamo gli stessi diritti degli uomini" .... peccato che poi si siano accorte che per essere rispettate gli toccava diventare delle UOME cioè dei mostri.
le altre, un po' più evolute, erano e sono quelle che si sono battute per la valorizzazione della differenza. cioè il diritto, la gioia, il valore di essere in maniera differente e affiancare quindi, alla voce dell'uomo la "voce di donna", in politica, sul lavoro, nella società.

è questo il punto, è qui che noi "mariti scimmietta " dobbiamo fare attenzione, è da questo pensiero illuminato che dobbiamo imparare

fare il papà deve significare, dovrebbe significare, significa, fare il papà non limitarsi stancamente a reggere la coda alla mamma o fare come la mamma.

la genitorialità è un'opera a due voci e noi papà dobbiamo fare la nostra parte.
il che significa coltivare il nostro modo di essere genitori al maschile, con voce di uomo, con sensibilità di uomo, con sguardo di uomo, con stile da uomo.

certo è che fino a quando non faremo nemmeno la nostra parte nei doveri della vita in comune (gestione casa, accudimento figli, spese, cacche, nanne, notti etc) non potremo sottrarci al luogo comune del mammo e cioè del marito scimmietta che ogni tanto, dopo i gol, fa un po' le veci della mamma.

mariti "scimmietta"

Il tuo la fa la spesa? Guarda il mio è già tanto se mette i calzini nella roba sporca. Il mio invece mi da una mano a sparecchiare e a fare la lavapiatti ….. ah e porta giù la spazzatura. Ma con i bimbi è meraviglioso, tutte le sere quando torna li fa giocare alla playstation per un’ora. Quando erano piccoli però niente. Aveva paura di romperli. …. Il mio invece li cambiava almeno una volta al giorno ma di notte nemmeno si svegliava quando urlavano. Se poi provava a dar loro la pappa, la trovavo sparsa per tutta la casa.
Ma cosa siamo scimmiette da circo? Valutati sulle nostre capacità a compiere peripezie domestiche?
Beh è l’ora di finirla con queste donne attanagliate dalla Sindrome del Parallelo Basso (tradotto: drammatizzazione del ruolo di madre) che hanno sentito in qualche discorso dal parrucchiere o letto su Mondo-mamma che è oggi possibile chiedere timidamente ad un uomo di dare il proprio piccolo apporto collaborativo al menage familiare (perché di quello spesso si tratta … un menaggio) e visti i primi deludenti risultati denigrano il loro compagno classificandolo tra i negati, belle contente di togliergli per sempre ogni ruolo casalingo riaffermando così la propria assoluta leadership di femmina di casa.

Ed è l’ora di finirla con questi padri scimmietta che hanno visto qualche film americano dove il figo di turno stirava le camicie ed hanno pure capito leggendo Donna Moderna che se non dai la netta impressione alla femmina di avere spiccate capacità domestiche la donna moderna, che si nasconde subdolamente tra le pieghe della personalità di tua moglie, potrebbe pensare di cacciarti di casa ….. che loro da sole ci sanno stare … e forse starebbero anche meglio.
Allora tutti a cacciare la spazzatura con lo scazzo, a sparecchiare male, ad alzarsi di notte smadonnando, a cambiare pannolini facendo “bleah”, a spargere pappa e cacca per tutta la casa come dei coglioni per poi essere ripagati alla cena successiva con uno squillante: “noooooooooo, ma davverooooooo, ho saputo che sai lavare il bucato colorato” starnazzato dalla più odiosa amica di tua moglie. E tutte le altre a farle il coro attonite “Amore hai sentito come è bravo ….. lui?! Non come te che non fai niente”.
E allora tutte a parlare tra loro dei difetti dei loro mariti e i mariti che si chiudono tra loro a parlare di calcio o di figa - ambedue gli argomenti trattati in via puramente teorica, soprattutto la figa, quella che non si è dimenticata il latte, e che è figa e basta, ad uso e consumo della loro rabbia contro le moglie rompicoglioni – emarginando rigorosamente me che sono una scimmietta brava che gli fa fare così brutta figura a loro scimmiette negate, e che ho l’aggravante di non avere neppure la moglie rompicoglioni.

farlo con dignità

Mettendo la supposta a Samuele (5 anni) fra un urlo e l'altro.

Samu questa è una cosa che ti succederà spesso nella vita, ed è bene che tu impari ad affrontarla con un po' più di dignità.

Cosa? Non ho capito?

Lo so. Lo so. Lo capirai da grande.

roba da uomini

mio figlio piccolo (2 anni)sul fasciatoio ha la mania di toccarsi il pisello. appena apro il pannolino, non gli sembra vero di poter perlustrare un po'.
credo sia normale, ma quando dentro al pannolino c'è l'impossibile la perlustrazione può diventare .... tragica.
allora parte l'urlo. VIA LE MANI DA LI!.
ci vuole l'urlo, così le mani nemmeno le avvicina. una volta gliel'ho detto in maniera poco convinta e lui ha fatto in tempo a immergere la mano nell'impossibile per poi, tardivamente, ritrarla nascondendola - bella sporca di cacca - dietro la testa.
risultato: bagnetto completo.
quindi lo schema è: apertura pannolino con urlo minaccioso. lavaggio rapido, asciugatura, imborotalcamento, e permesso di perlustrare solo dopo la bonifica.

e poi ... l'immancabile battuta ... da uomo a uomo ...: amore questo è solo l'inizio di una luminosa carriera.

il muro

L’altro giorno durante il corso di specializzazione in Mediazione Familiare osservavo da dietro il vetro una coppia separata. Molto litigiosa. Erano state inviate dal Giudice che chiedeva al nostro Centro una perizia.
La madre per spiegare alla Mediatrice la situazione dei suoi figli continuava a dire che la loro vita era caratterizzata da un grande muro, ogni tanto vivevano da una parte, con lei, ogni tanto dall’altra, con il padre.
Beh quel muro l’hanno edificato lei con suo marito – con i loro litigi - e lei pareva non rendersene conto anzi pareva attribuirne la responsabilità al marito che aveva voluto la separazione molti anni prima. E’ apparso subito evidente che la sua strategia fosse quella di alimentare questa situazione per accentuare le responsabilità del marito, così si è appreso che ai figli non è permesso parlare del padre quando sono con lei, non gli si può telefonare eccetera. Il padre per reazione, alimentando il circolo vizioso, si scopre che cade spesso nella tentazione di “interrogare” i piccoli su quanto è stato detto dalla madre su di lui e di criticare e sconfermare appena possibile quanto deciso dalla ex moglie.
Questi piccoli si sono così trovati di fronte a enormi dilemmi di lealtà nei confronti dei genitori. E soffrono.

Al di là della lettura “tecnica” dei rapporti fra gli ex coniugi, da smontare e ricostruire per il bene dei piccoli, mi è rimasta per giorni nella testa l’immagine di questi piccoli con il mondo diviso in due.

E’ così, il mondo dei bimbi è costituito dai genitori, o meglio la struttura portante è formato dai rapporti affettivi con loro. Se questo mondo è diviso in due parti conflittuali nasce una contraddizione interna che nega ad ogni piè sospinto ciò che è appena stato creato. Come la tela di Penelope, fatta e disfatta ogni giorno.
Che persone crescono da un disastro così?
Come si fa a non capirlo?
Che livello di odio ci deve essere tra due persone per non riuscire ad andare oltre il conflitto personale in nome dei propri figli?

Non è la separazione in se che crea danno. Quella semmai obbliga tutti ad un periodo faticoso di riscritttura dei rapporti e degli equilibri familiari. Quello che crea il danno è quando le due parti del “mondo” si fanno la guerra, disfando la tela della vita dei figli in comune.
E’ quello il reato cara signora e caro signore. Sono anni che ogni giorno appoggiate un mattone sul muro che spacca le certezze dei vostri figli. I mattoni sono le critiche, le disconferme reciproche, l’incomunicabilità creata ad arte, il parlare male ai bambini del loro papà e della loro mamma.
Tutto per il gusto di giocare alla Guerra dei roses voi due.

Avete da lavorare tanto, cari miei, e speriamo bene per i vostri figli.

Separarsi bene

Studio Pedagogia, mi laureerò la prossima estate con una tesi di Mediazione Familiare che molti, troppi, non sanno cos’è.
Si tratta del percorso seguito – con l’aiuto di un Mediatore - dalle coppie che hanno deciso di separarsi, o che l’hanno già fatto, al fine di riorganizzare la loro famiglia.
E' un intervento che assume particolare delicatezza ed importanza quando ci sono figli.
In soldoni si tratta di una decina di incontri a tre, ex coniugi e mediatore.

Separarsi bene, mantenendo in mano il timone della propria vita, non delegando le scelte che ci riguardano, ad un Giudice, mi sembra un salto di qualità culturale che la nostra Società dovrebbe fare massicciamente.
Questo mi convince ancora di più se queste scelte riguardano i figli.
Solo i genitori sanno di cosa i loro figli hanno bisogno, cosa sia bene per il loro futuro.
Cosa si può sperare che sia capace di fare un Giudice, per bravo e scrupoloso che sia?!
E allora che le coppie che si separano si prendano la responsabilità di continuare a fare i Genitori anche se non sono più una Coppia. Che mettano in preventivo, nel momento in cui cominciano a pensare di lasciarsi, di traghettare in prima persona i loro figli nella riorganizzazione della loro famiglia che non si distrugge obbligatoriamente in seguito ad una separazione, ma ha bisogno di nuovi equilibri.
I bambini di genitori separati hanno bisogno di capire, di trovare significati, di ricostruire due nuove relazioni – che talvolta si rivelano più ricche di prima – di abituarsi a nuovi equilibri.
E allora ecco che viene a galla il problema essenziale dell’essere genitori. Non serve essere i migliori genitori, non serve essere infallibili, non serve essere perfetti, serve essere come dice una studiosa autorevole “sufficientemente buoni” o – dico io – occorre “esserci”, non sottrarsi al proprio ruolo di genitore, sia che si sia ancora in coppia sia che non lo si sia più.
E’ pessimo il genitore che separandosi sparisce e abdica al suo ruolo educativo, ma è altrettanto pessimo il genitore che non partecipa all’educazione e alla vita affettiva dei figli pur essendo in famiglia.

La verità allora potrebbe essere, come spesso accade, trasversale. Non sono cattivi i genitori che si separano e buoni quelli che “resistono”, forse sono buoni genitori quelli che svolgono il loro ruolo fino all’ultimo (anche con i loro difetti) e può darsi che si chiarisca che sono cattivi genitori quelli che non danno nessun apporto alla crescita dei loro figli.

il "4"

Quando a mia moglie ho regalato un ciondolo fatto a quattro avevamo un figlio, Samuele, oggi 5 anni . Il significato del regalo – che le spiegai mentre lo guardava con occhi interrogativi - era che desideravo diventare 4. Volevo un altro figlio, Alessandro, oggi 2 anni.

Oggi mi accorgo che i regali sono come le opere d’arte, il significato che gli dà l’artista è uno dei possibili significati i quali possono moltiplicarsi tante volte quante sono le persone che guardano l’opera e quante sono le volte che le stesse persone rivedono l’opera.

Oggi per esempio ho trovato un’altra interpretazione che rende il ciondolo appeso all’orecchio di mia moglie sempre attuale.
4 sono i ruoli che mia moglie svolge nella mia vita.

Moglie.
Compagna di vita nel senso tradizionale del termine. E’ con lei che voglio vivere, con lei che voglio fare e realizzare i miei progetti, con lei che do il meglio di me stesso, con lei che voglio dormire, mangiare, farmi compagnia, gioire, soffrire, crescere, maturare, invecchiare (che sono tre sinonimi).
Madre dei miei figli.
E’ con lei che voglio crescere i miei figli. Ho sempre di più la sensazione di appartenere ad un meccanismo che gira in maniera armonica, dove ogni elemento dà il suo apporto di sincronismo e complementarietà. Condivido profondamente ogni cosa che fa come educatrice.
Amante.
Per dirla come la direi ai miei pochissimi e selezionati confidenti, magari dopo una birretta in più, lei è la Top Performer. Prima nella classifica di sempre, …. a letto intendo …
Socia.
Eh si perché la nostra famiglia è un’azienda, come tutte le famiglie del resto, e noi ci fondiamo reciprocamente, partecipando attivamente alla vita lavorativa dell’altro al punto che forse senza l’altro non potremmo fare ciò che facciamo. Poi lei lavora quanto me, si stanca quanto me, si stressa quanto me, e questo, se da una parte ci crea qualche problema, dall’altra ci rende molto comprensivi uno verso l’altro.

Quindi il mio 4 è ancora vivo e vitale.
Con questo non voglio dire che ieri, per il nostro anniversario, non le ho fatto il regalo.
Ieri le ho regalato un 8 perché sono 2920 giorni che la amo.

Oggi aveva l’8 da una parte e il 4 dall’altra. Di questo passo sembrerà una tombola.

infinite dolcezze

Mio figlio piccolo, Alessandro – 2 anni a dicembre – non sta più nel fasciatoio. Quando ce lo sdraio sopra per cambiargli i pannolini, tutta la gamba dal ginocchio in giù penzola giù dal tavolo.
La cosa mi fa un po’ malinconia. Il pensiero di non poterlo avere più lì sdraiato, giocoso, sorridente, felice di aver magnato – cagato – e di essere stato lavato – remissivo e voglioso di ricevere tutte le coccole del mondo, il massaggino con l’olio o il borotalco delle infinite dolcezze che ha un profumo inconfondibile, il suo profumo …. Beh il pensiero di non avere più questi momenti mi intristisce.
Credo che i momenti, gli attimi, passati ad accudire i miei figli sul fasciatoio siano stati i momenti di maggior intimità e tenerezza che io possa ricordare.
I loro urlettini o gorgoglii di quando erano piccolissimi, le risate per il solletico o i morsetti sotto i piedini, gli strilli per le suppostine o per il termometro, oppure quelli per il lavaggio naso con il Libenar rimarranno tra i più teneri ricordi della mia vita.
Ce ne saranno altri, ce ne sono già altri con Samuele che è grande (5 anni) e altri ne inventeremo, ma sul fasciatoio fra poco non ci sarà più nessuno e so che mi mancherà molto.

i soldi

Dai soldi mi aspetto di poter non pensare a loro.
Né perché sono pochi né perché sono troppi.
Sarebbe un supplizio dover combattere ogni giorno perché sono pochi, ed sarebbe un supplizio dover nascondersi, dannarsi l’anima, o perdere la propria essenza di uomo perché sono troppi.
Credo che la vera ricchezza sia il tempo. Una volta raggiunto un livello di guadagno sufficiente conviene investire ogni ulteriore denaro per far lavorare qualcuno per te.
Nel mio piccolo ho deciso di dedicarmi a vedere crescere i miei figli, a stare in vacanza con le persone che amo, a coltivare i miei interessi, a tornare presto a casa, a non lavorare il sabato e la domenica, ad andare a trovare la nonna, andare a correre, a portare mio figlio a nuoto, ad andare a farmi un giro in moto a conoscere qualcuno ed attardarmi a parlare con lui per strada, a correre a casa a far l’amore con mia moglie o a bighellonare con un amico a parlare di donne, a seguire una lezione di bioetica o di filosofia dell’educazione, a seguire i lavori nel mio rudere in campagna, ad ascoltare le “Scene Infantili” di Schumann o l’ultimo di Niccolò Fabi, o di Samuele Bersani, oppure un notturno di Chopin o l’ultimo di Tiziano Ferro, le Quattro Stagioni o la sinfonia n.7 di Beethoven.

I soldi hanno il difetto di realizzare immediatamente i sogni, ma il bello dei sogni non è realizzarli ma farli ed eventualmente, una o due volte nella vita cercare di realizzarli. Ma anche lì sarà molto più di soddisfazione la strada della meta.