Sport violento o violenza nello sport?


Oggi sugli spalti del secondo allenamento di Rugby di mio figlio (8) mi chiedevo: "Cosa vuol dire uno sport violento?.

Nessuno vuole uno sport violento per il proprio figlio. Si può temere che si faccia male, oppure si può temere che qualcuno gli faccia male, oppure che veda, impari ed interiorizzi atteggiamenti violenti o, ancora, che qualcuno sia violento con lui, non soltanto fisicamente.

Allora, nell'ozio degli spalti, mi sono venute in mente tre immagini:
la prima quella vista praticamente l'istante precedente quando un bimbo, ben piazzato, ha atterrato mio figlio catapultandosi con la sua spalla fra le sue gambe facendolo cadere rovinosamente (ma con la palla ovale stretta fra le braccia);
la seconda quella di domenica scorsa quando ho assistito ad una partita di bimbi del 2003 e ho dovuto subire il supplizio di un mister invasato che ha ragliato per tutta la partita, vomitando urli, insulti, lamentele, critiche ai bambini, critiche all'arbitro e altre bassezze, fino a che - per fortuna - la sua squadra ha vinto. Dopodiché ha salutato tutti cordialmente a fine partita, con un sorriso di scherno come dire: "sapete ... era la partita, ma ora che abbiamo vinto ... mi è passata";
la terza quella di un paio di settimane fa quando il papà di un compagno del mio grande (11) ha blandamente, velatamente, insistentemente, educatamente- ma definitivamente - convinto suo figlio a giocare nella squadretta quotata dove era iscritto da due anni malgrado la richiesta del piccolo di andarsene visto che il nuovo mister e l'ambiente non gli piacevano più.


Finita la carrellata, il primo pensiero è stato che la violenza molto spesso non è nel gesto atletico, anche se tremendamente di impatto. Penso infatti di poter dire che in molti contrasti del calcio, in molti contatti del rugby, addirittura nei colpi della boxe (l'elenco di esempi potrebbe essere infinito) non c'è violenza. Intendo dire che l'idea che sta dietro a quei gesti non ha finalità violente o, cosa ancor più importante, non sono gesti che l'atleta fa per sfogare un suo istinto violento (quando succede il gioco si ferma e c'è la sanzione).

Penso invece che sia più facile trovare la violenza nella cultura che uno sport propone e propugna. Se in uno sport il dio è la vittoria con qualsiasi mezzo, allora ci saranno sempre mister che abbaiano in panchina, genitori che si azzuffano sugli spalti e bambini stressati che piangono quando perdono e non si divertono.
Dietro agli urli di un mister invasato o nelle parole striscianti di un padre manipolatore c'è - sotteso e palpabile - un messaggio violento.
Nel mister che abbaia, violenza nei confronti dell'amor proprio dei bambini che spesso per compiacerlo, piacergli ed accontentarlo vanno alla ricerca dei peggiori istinti che riescono a trovare dentro loro stessi o attingendo ai peggiori esempi reperiti nell'ampio mercato televisivo e sportivo. Ci vuole poco perchè si insinui in un ragazzino il concetto per cui: "Se mi butto in area e mi danno un rigore magari vinciamo, se do una calcione al più bravo degli altri magari lo intimorisco e gioca peggio, se meno gli avversari la prossima partita l'allenatore mi fa giocare perchè sono un duro".
Nel padre strisciante, la violenza sta nel non voler dare ascolto a precise e argomentate richieste di un figlio il quale per compiacerlo, piacergli ed accontentarlo mette in cantina le sue priorità e sensibilità, costretto a vivere la vita che quel papà ha ipotizzato per lui senza verificare l'esattezza della scelta. Ecco allora affiorare nel bimbo pensieri come:"Se lascio questa squadra ti deludo, se resto in questo club non ti arrabbi che so che ci tieni tanto, forse quello che desidero io è sbagliato".

Quindi mi sembra di poter concludere che - forse - non è corretto di parlare di sport violenti, ma di violenza nello sport  e - guarda caso - la violenza è sempre accompagnata da ignoranza e impreparazione.

Purtroppo sulle panchine del calcio giovanile spesso permettiamo che siedano persone che non hanno la minima preparazione e la minima cultura pedagogica.
Malgrado questo, anche quelle scuole calcio hanno la fila di genitori (miopi e impreparati anche loro) che vogliono iscrivere i loro bambini.

Bene, finiti questi bei pensieri, adesso devo trovare una bella spiegazione plausibile da raccontare a mia moglie, visto che mio figlio ha finito l'allenamento con un bel livido sulla coscia destra. Però è felice.
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4 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie grazie!

ho un bimbo di 3 anni e ancora non sono "entrata" nel mondo dello sport...ma voglio essere preparata!!

photolupi ha detto...

Hai visto giusto.
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Ciao Luigi

FEDERICO GHIGLIONE ha detto...

grazie Luigi.

Educazione Consapevole ha detto...

Bravo papà Federico, hai proprio ragione!!