cronaca di una partita di calcio - (pubblicato sulla rivista KIDS di Agosto)

Papà mi iscrivi alla Scuola Calcio? Guardo mia moglie con occhi sconsolati.
Speravo di non sentirmelo mai chiedere.
Ho giocato 30 anni a calcio ma è da molto tempo che non amo più questo mondo, ma soprattutto diffido dell’ambiente delle scuole calcio. L’unico modo è verificare quindi decido di andare a vedere una partita di campionato dei ragazzini della squadra del nostro quartiere per capire se ho ragione o torto.
Le maglie sono bellissime, tutte uguali, colorate, il campo bellissimo, l’arbitro in divisa, gli allenatori in panchina molto compresi nel loro ruolo, un bel po’ di pubblico formato da genitori, fratellini, fratelloni, qualche nonno e qualche zio. Insomma, sembra una festa dello sport in piena regola.
I miei occhi cominciano a scrutare, analizzare, osservare; non sono lì mica per passare il tempo ma per valutare e scegliere un gruppo di persone, si spera di professionisti, ai quali delegare una buona parte dell’educazione di mio figlio.
Chiedo notizie sul “Mister”. Uno mi dice: “E’ in gamba, abbiamo già vinto tre partite su quattro!”. Penso: “Ma che c’entra questo con l’educazione”. Provo ad ascoltare che cosa questo “allenatore vincente” dice ai ragazzi, che parole usa, come li sprona. “Dai ragazzi, cattivi eh!!!!”. Penso: “Mmmh, cominciamo male …”
La partita inizia, i bimbi sono stupendi, ordinati, si vede già che hanno imparato a non correre tutti insieme dietro alla palla ma si passano il pallone e mantengono la loro posizione, sono proprio dei piccoli calciatori. Se poi prendono un calcio la scena a terra è d’obbligo. Che ridicoli, imitano i calciatori veri .
Le azioni si susseguono incalzanti, gli avversari sono più bravi, parte un tiro a palombella, il portierino bassetto può soltanto guardare la palla che entra in porta. Sento un urlaccio animalesco, non faccio in tempo a voltarmi che un padre della squadra ospite mi sfreccia davanti, col viso paonazzo e si attacca alle griglie per esultare. Lui sgrana una sequenza di complimenti misti a imprecazioni liberatorie e poi girandosi verso gli altri genitori abbaia: “E’ così che devono giocare, con cinismo, con rabbia”… Penso: “Questo è matto”. Tra il pubblico nessuno sguardo incredulo. Deve essere una scena usuale per loro.
Tra il pubblico di casa comincia le lamentele. Chi ce l’ha con l’allenatore che sbaglia a tenere in panchina il tale, chi apostrofa il figlio: “se è per impegnarsi così poco allora è meglio starsene a casa” chi attacca l’arbitro che “è mezz’ora che fischia a favore degli altri”.
Secondo goal, gli avversari raddoppiano, sono proprio bravi. Il solito matto esulta di nuovo. Puntuale arriva il rimbrotto di un genitore della squadretta di casa. Volano parole, altri si aggiungono, due spinte, un piccolo tafferuglio, poi gli animi – a fatica - si calmano. La partita dei bimbi continua imperterrita con i genitori che si azzuffano. Penso di essere in mezzo ai matti.
Finisce la partita.
Dagli spalti qualcuno impreca ancora contro l’arbitro. Il famoso Mister si dirige verso lo spogliatoio con passo veloce e nervoso. Mi allontano per non rimanere in mezzo ai quei due genitori che hanno ripreso a insultarsi e per allontanarmi da un ambiente veramente pesante.
Non mi sembra di essere stato ad una festa dello sport e non mi sembra nemmeno di aver conosciuto un ambiente educativo al quale io possa pensare di affidare mio figlio affinchè diventi un uomo.
Torno a casa sconsolato. Guardo mia moglie e Le dico: “Ci aspettano tempi duri, tempi di scelte pesanti”.

11 commenti:

micol ha detto...

perchè si perde di vista il motivo per cui dei bambini devono fare sport: per lo spirito di gruppo, per muoversi all'aperto, per mille motivi ma non per l'orgoglio di padri che sulle panchine fanno a pugni con l'altro padre del bambino della squadra avversaria.
Lo sport è attività fisica, non un ring, un riversare frustrazioni sui figli.

Alessandra1966 ha detto...

Ecco. In questo post convivono tutte le ragioni per cui mio figlio grande, nonostante le numerose e querule richieste non è stato iscritto a scuola calcio. Durante l'ultimo saggio di karate a cui ha partecipato sono stati applauditi a scena aperta anche i ragazzini che avevano palesi problemi a distinguere la mano sinistra dalla destra. E alla fine si sono salutati e hanno ringraziato il pubblico con estrema ed encomiabile educazione.

Anna ha detto...

Assito più o meno alle stesse scene quando vado a vedere il mio nipotino giocare la domenica pomeriggio: i mister che incitano i bambini come se da una partita domenicale di un'oretta dipendesse tutto il loro destino, genitori che fanno scenate e litigate tremende quando in campo la squadra sbaglia...
Diciamo che comunque molti sperano un futuro da calciatore per i figli nei pulcini di questa o quella squadra.
Penso che solo il 10% dei genitori mandi il figlio a calcio solo per farlo giocare e basta.

mely ha detto...

Ti quoto in tutto.
Quando è stato il momento di spronare Nicolò a fare sport, alla parola CALCIO, io che nel calcio ci sono stata tanti anni, mi sono venuti i ricci in testa.
Alla fine sono riuscita a convincerlo che il tennis era meglio e ha un ottimo, anzi fantastico maestro.
Nicolò ha preso atto, va a tennis ma il suo sogno è un po' di tempo in porta.

Molto più che tempi duri in agguato

iBabbo ha detto...

Ho 2 femmine delle quali sono felicissimo, ma ogni tanto penso a quanto sarebbe bello avere anche un maschietto col quale giocare a pallone al parco e un bel giorno portarlo alla scuola calcio... letto il tuo post mi sa che sto bene così... che peccato però...

Anonimo ha detto...

Prova con il rugby. C'è sempre una palla di mezzo, gioco di squadra, maschio, di impatto, ma le regole sono regole sia fuori che dentro il campo e alla fine è sempre una grande festa sia per i piccoli che per i genitori. Il mio piccolo Alessandro ha cominciato poco prima dei 6 anni e gli allenatori che ha avuto, a parte l'aspetto 'atletico', hanno sempre puntato molto sulla crescita caratteriale e sul rispetto reciproco.

Anonimo ha detto...

Anch'io stavo per suggerire il rugby. Mio fratello a 8 anni ha chiesto di smettere di andare a calcio perché non si divertiva più (??). Un suo compagno giocava a rugby e così ha provato anche lui. Ora, dopo qualche anno, è quasi impossibile avvistarlo senza la sua palla ovale (e senza scarpe e maglie infangate). Ogni partita è un'emozione grandissima, una vera festa dello sport, che siano bambini o giganti alti (e larghi) 2 metri!

Fefo (Stefano) ha detto...

Eppure non sempre è così... :-)
http://congedoparentale.blogspot.com/2010/11/primo-allenamento-al-chiuso.html

ellis ha detto...

Oh mio dio... Anch'io ho sempre avuto un po' (parecchi) dubbi sul mondo del calcio, soprattutto per quello che è a livelli alti, ma non credevo che in genere il mondo dei genitori fosse così "arrabbiato" nello spronare i propri figli. Io, per ragioni di disciplina e socializzazione, ho appena iscritto mio figlio (6 anni) a calcio. L'ambiente per fortuna non è affatto come lo si descrive in questi post, ma mi devo preoccupare sul fatto che lo diventi in futuro? Certo bisogna sempre tenere gli occhi aperti, e al limite saper offrire valide alternative ai propri pargoli.

Anonimo ha detto...

Anch'io ho giocato a calcio da bambino, e ricordo perfettamente le scene che hai descritto. Tuttavia, continuo a pensare che sia stata un'esperienza bellissima. Certo i miei genitori mi seguivano da vicino, e mi aiutavano a capire quali fossero i comportamenti "giusti" e quali quelli "sbagliati". Ho trovato persone splendide ed altre meno, come dappertutto.
In definitiva, credo che fare sport sia una bella esperienza, ma soprattutto fare uno sport di squadra sia un'occasione educativa eccezionale. Per me lo è stato, per diversi motivi: imparare a prendere e rispettare gli impegni, a capire che i tuoi compagni contano sul tuo impegno e tu sul loro, condividere vittorie e sconfitte (possibilmente senza esaltazioni o drammi).
L'ideale, poi, è trovare persone intelligenti che trasmettano valori positivi... non succede spesso, ma nemmeno troppo di rado.
Come dicevi tu: stai delegando a qualcuno una parte dell'educazione dei tuoi figli; l'importante è vigilare ed intervenire se necessario.

Anonimo ha detto...

Mio figlio gioca al calcio. Viviamo in un quartiere che definirei popolare (dunque frequentato da gente di ceto medio/basso), si incontrano squadre dello stesso livello socio-culturale. Durante le partite, i genitori ed i parenti delle due squadre stanno tutti sulla stessa tribuna, mescolati insieme. Si commenta ci si congratula con il figlio del tale o del tal altro, a prescindere dal colore della maglia, si incita il bambino meno dotato. Insomma si passa un pomeriggio in allegria e cordialità. Un'isola felice? no davvero: tempo fa un tizio urlò dalle tribune "spezzagli la gamba!" abbiamo segnalato la cosa al dirigente che ha provveduto a sospendere la partita ed ha chiesto alla "bestia" di scegliere tra 3 opzioni, lasciare il campo, stare zitto o fermare la partita. Ha scelto la seconda. Ah dimenticavo, alla fine di ogni partita salsicce alla brace per tutti giocatori, famiglie, avversari e non.