i mondi

mi sto domandando se davvero il mondo delle persone che sanno quello che fanno coi loro figli si divida in due: quelli che per scelta consapevole non sfiorano nemmeno con un dito i loro figli (per esempio mia sorella) oppure quelli che per scelta consapevole utilizzano le "sganasse" per dare determinati segnali (mia moglie ed io).

dicesi "sganassa" il vecchio caro "manrovescio" della nonnna Gina, cioè la sberlotta carica di significato simbolico e completamente priva di "contenuti" fisici. in sostanza il buffetto che fa capire che le parole e la pazienza sono finite, che la misura è colma, che si sta esagerando, che è giunto il momento di smetterla, che non si può più continuare su quella frequenza, insomma il gesto che mortifica momentaneamente ma non fa male. non deve fare male.

il post precedente - che mi ha fatto sentire il gestore di un forum vivo e interessante e mi ha ripagato della fatica con cui ho costantemente centellinato i post per cercare di scrivere solo quando avevo qualcosa di mio da raccontare che nel contempo "dicesse qualcosa" a tutti - cerca di parlare proprio del problema che investe tutti i genitori nel momento in cui "somministrano" gesti educativi ai loro figli e faticano ad trovarne la misura giusta, nel disperato tentativo di raggiungere il miglior risultato, facendosi largo tra mal di testa, frustrazioni, malumori, stanchezza, fatica, voglia di essere alle maldive, voglia di cambiare lavoro, voglia di far fuori un collega, problemi coi condomini, mal di schiena e altre amenità. il racconto è la fotografia dello stato d'animo di chi sa cosa è bene per i suoi figli, ma non rinuncia a monitorare se stesso ad ogni gesto, ad ogni incrocio, ad ogni sovrapposizione della propria vita con quella dei propri figli; è il racconto di chi, in questo continuo vigilare scorge nel prorpio operato errori di apprensione, errori di irruenza, errori di stanchezza, errori di distrazione, errori che non vorrebbe mai commettere ma ahimé .....

letti i numerosi commenti al post precedente - che come mai prima d'oggi mi hanno fatto essere fiero di scrivere in sta pagina blu che credevo muta - mi sono rafforzato nella convinzione che il mondo non debba essere diviso fra quelli che "danno sberle" (anzi botte) e quindi sbagliano e quelli che invece non toccano i figli (anzi non li picchiano) e quindi sono buoni educatori.
il mondo dei genitori si divide in chi è consapevole di ciò che fa con e per i propri figli e chi non lo è.

chi dà botte non è persona consapevole di ciò che fa con e ai propri figli.

la consapevolezza è la conoscenza dei gesti educativi necessari al proprio figlio del quale si conosce meglio di chiunque altro la storia formativa, unita alla conoscenza delle capacità ricettive che il figlio ha di tali gesti.
ogni gesto educativo è fatto da un codice di emissione del segno (nel genitore) e da un codice ricettivo (nel figlio). sta al genitore la responsabilità di valutare tutti e due.

se è come dico, allora forse si può fare una valutazione di tutto il percorso educativo nel suo insieme, valutando le infinite componenti che la compongono e che - tutte insieme - ne decretano il suo successo.
educare è il frutto di un infinito insieme di segni che ciascuna coppia di genitori trasmette consapevolmente e da un altrettanto vasto insieme di segni che trasmette inconsapevolmente.
la sganassa data o non data, o meglio utilizzata o non utilizzata, diventa uno dei mille tasselli che strutturano questo percorso, non IL TASSELLO fondamentale. sono sicuro che negli stili che non la utilizzano ci sarà qualcosa di equivalente che ne so un urlo, una punizione, un "non parlarsi", un distacco emotivo, ma il risultato sarà sempre lo stesso.

quindi, cari amici, forti di queste mille incertezze, mettiamoci al lavoro, che c'è un sacco da fare e soprattutto restiamo in contatto che il confronto è un gran educatore.

13 commenti:

Chiara Trabella ha detto...

Ma sai che ci ho pensato tutta la sera, al tuo post precedente? Stavo quasi per scriverne uno nel mio blog, ma forse è meglio che quello che ho da dire lo dica qui.
La violenza non è dolore fisico e basta: altrimenti dovremmo pensare che facciamo violenza ai nostri figli anche se gli facciamo un'iniezione di antibiotico o se per caso gli schiacciamo un piede.
La violenza è data dalla volontà di umiliare l'altro, e può essere fisica, orrenda per carità, ma anche psicologica.
Ci sono stati momenti in cui ho "dovuto" dare delle sberle ad Amelia, perché era l'unico modo per scuoterla dai loop isterici in cui entrava: a lei fa l'effetto del classico secchio d'acqua, è come se provasse sollievo. Con Ettore, se mi scappasse una sberla, ormai saprei che sarebbe una mia manifestazione di rabbia ma non sarebbe funzionale al suo benessere, perché con lui funzionano altri meccanismi.
Mi rendo perfettamente conto del pericolo di abusare della giustificazione educativa per sfogare la propria frustrazione, ma credo che il pericolo sarebbe identico se mi limitassi a urlacci, occhiate o silenzi.
Certo, l'ideale sarebbe parlare con calma e non essere stressati, avere più tempo, ecc. Ma è anche vero che il mondo là fuori non avrà sempre la massima disponibilità per loro, non darà loro il tempo di adattarsi: ovvio che non dobbiamo comportarci come estranei, ma credo che dobbiamo porre loro dei limiti, proprio per il loro bene.
Sono stata chiara o ho delirato? ;-)

Amelia ha detto...

Buona Pasqua Rosco a te e a tutta la tua famiglia!

Anonimo ha detto...

io non sono mamma, ma ho sentito psicologhe che dicevano che se proprio scappa, di dare una sculacciata ma non colpire mai i bimbi sul viso e soprattutto mai davanti ad altra gente. ecco magari la prossima volta è meglio un colpetto sul culetto e non sul visino.
ti leggo da tanto. bel blog!

Anonimo ha detto...

Come ho scritto per il post precedente, io non ho figli, ma sono figlia, e credo che quando un padre o una madre "pensa", si mette in discussione, agisce per amore, un buffetto ci può stare... I conti si fanno alla fine, e nessuno ricorda il caso particolare.. Complimenti per il lavoro!

Anonimo ha detto...

"forti di queste mille incertezze"...Eccoci. Siamo qua. Genitori che lo fanno senza mai essere andati a scuola di genitorialità. Genitori improvvisati, in fondo, che suppliscono con l'amore alla mancanza di strumenti educativi e di metodi operativi.
Certo, secondo me l'amore è il principale strumento educativo, e forse siamo la prima generazione che ha il tempo di "pensarsi" in quanto genitore, e di mettersi in discussione.
Io non credo al valore educativo della sganassa.
Qualcuna i miei l'hanno presa, ma non è stata una mia scelta consapevole. Insomma, non l'ho fatto per loro, ma per me. E subito mi è dispiaciuto e mi sarei mangiato le mani per quello.

"ogni gesto educativo è fatto da un codice di emissione del segno (nel genitore) e da un codice ricettivo (nel figlio). sta al genitore la responsabilità di valutare tutti e due."Eccomi qua. Mi dichiaro colpevole. Non ho avuto la responsabilità di valutare entrambi i codici. Ma neanche solo il mio. Quando i miei figli hanno preso la sberla, non hanno avuto quello che avrei voluto che avessero. Non sono stato consapevole.
Posso solo sperare che i codici di emissione e di ricezione finiscano per sintonizzarsi magicamente sulla lunghezza d'onda dell'amore.
E che i nostri bambini diventino uomini sereni.
(e che, da grandi, ricordino con simpatia le poche sganasse che si sono prese da papà)
Lele

Anonimo ha detto...

io ho preso un solo schiaffo da mio papà. il caso particolare me lo ricordo benissimo e non me lo ricordo con simpatia. Sono sempre l'anonima che ha commentato prima. davvero gli schiaffi in viso fanno male e sono offensivi. offendono la dignità. e poi povere stelle non possono difendersi. devono subire questa violenza. il bimbo col viso ancora rosso non si può proprio sentire. pat

Anonimo ha detto...

ciao rosco, sono contenta il discorso continui!
io sono una mamma imperfetta che nella sganassa non ci crede proprio ma neppure nelle sgridate, nei ricatti, nelle punizioni o nel distacco emotivo.
ho un bimbo di due anni e a volte capita che per stanchezza o motivi a me sconosciuti, pianga e/o si opponga con tutte le forze a qualcosa.
se non ho interpretato male la tua conclusione a questa (faticosa) scenetta e' lo sganassone risolutivo.
io adotto un altro sistema, soprattutto cerco di fare piazza pulita della stanchezza e della mia fretta di andare a casa/fare la cosa che vorrei lui facesse e cerco di capire che sempre sempre sempre il pianto di un bambino e' un segnale di malessere.
che ai miei occhi appare nullo, ai suoi occhi di bimbo e' invece enorme, insormontabile.
non ha le forze, le conoscenze che ho io per superarlo e ha tutto il diritto di manifestarlo, perche' no?
il mio dovere e' in primis di comprendere.
ma non posso concedergli di bere candeggina, buttarsi dalla finestra, salire coi pattini sul tavolo della cucina, o di mangiare fragole a dicembre.
quindi se non posso accogliere il suo desiderio perche' e' pericoloso o irragionevole/impossibile, posso solo spiegarglielo (in un modo comprensibile ad un bimbo di 2 anni) senza mai negargli un abbraccio e tutto il mio amore.
si puo' dire no con fermezza senza dover dare schiaffi, ne' punizioni!
io ho sposato un uomo eccezionale, lo amo tantissimo ma sapessi quanto siamo diversi! sai quante discussioni, quante volte mi sono trovata di fronte ad un muro, (e lui probabilmente ha percepito lo stesso) e siamo entrati un un loop di incomprensione ... ecco se in un momento cosi' mi arrivasse uno sganassone, di quelli che scuotono e sbloccano una situazione al limite, mi sentirei malissimo ovviamente e non aspetterei una seconda occasione per mandarlo al diavolo, ne' gliene sarei mai grata.
se i bambini avessero maggiore consapevolezza di se stessi e non dipendessero in maniera totale dai propri genitori, non accetterebbero un segno di violenza dai loro genitori, mai nessuno, come io non lo accetterei dalla persona che amo di piu' al mondo dalla quale pretendo assoluto rispetto.
che sia uno scapaccione sul pannolino o qualcosa di molto peggio.
quello che viene ferito e' l'amore per se stessi.
e non e' forse cio' che di piu' importante noi possiamo insegnare ai nostri figli?
paola

silviasco ha detto...

Da figlia che "le ha prese quando ci voleva" ma soprattutto da mamma che ha scelto di spezzare il circolo vizioso di un'educazione coercitiva, riporto qui un pezzo che ho scritto in un'altra occasione ma che qui ci sta a fagiolo. E aggiungo solo che non è vero che ci sono i due mondi, i "permissivi" (= menefreghisti) e i "severi" (= picchiatori). Si possono dare regole e si può fare da guida anche senza coercizione (violenta o psicologica che sia), solo che è molto, molto, molto più difficile che mollare uno sganassone "educativo" :-/ perché comporta un cammino di crescita personale fatto di tanta autoanalisi, altrettanta autocritica e altrettanta voglia di uscire dai luoghi comuni.
Io questo cammino l'ho appena intrapreso per cui non voglio che nessuno mi consideri giudicante, mia figlia ha appena 11 mesi ed il "peggio" ;-) deve ancora venire, ma ormai il dado è tratto, ho capito alcune cose importanti, vedo una strada da percorrere e so che indietro non tornerò. Spero di avervi numerosi come compagni di strada!

"Come ho capito che le botte sono inutili"Di questa pietra miliare del mio percorso genitoriale e umano, il momento in cui ho capito che davvero le botte sono inutili, devo ringraziare i cavalli e un addestratore sudamericano. Vi racconto come è successo che un bel giorno alcune convinzioni che avevo considerato solidissime si sono sciolte come neve al sole, ed una prospettiva immensamente più interessante mi si è aperta davanti.
Ricordo che in famiglia (nella mia famiglia di provenienza) ci siamo sempre (tutti!) fatti delle gran risate quando c'erano notizie di giudici che condannavano i genitori per uno schiaffo dato al figlio, e trovavamo ridicolo che alcuni Stati lo proibissero esplicitamente per legge. Che esagerazione, si diceva, e come si può fare senza?!
Se nella propria infanzia si sono subite punizioni fisiche, da adulti si accetta come normale questo modo di operare. E siccome lo si accetta come normale, lo si considera diverso dalla violenza sui bambini, della quale si prova normalmente orrore come tutti gli altri. E' incredibile come si riesca a mantenere le due cose distinte nella propria mente, benché razionalmente non si possa stabilire una vera differenza. Eppure ci si dice che la differenza c'è, eccome, e quando qualcuno lo mette in dubbio si diventa quasi insofferenti.
"Quanno ce vo' ce vo' ", si dice a Roma. E ciascuno ha in mente un campionario più o meno ristretto di casi in cui "ce vo' ", che includono sempre il classico esempio del "e se si butta in mezzo alla strada?", che mette sempre tutti d'accordo. E si fanno sempre dei gran sofismi sul tipo di colpo ammesso o no, lo schiaffo piuttosto che la sculacciata o il famigerato "schiaffetto sulla manina".
Sono capitata per caso in una discussione sulla lista di yahoo nonsoloneonati che trattava proprio di questo. Sono intervenuta come altri a difesa della occasionale punizione, della serie "si dovrebbe evitare finché si può, ma se non si può altrimenti..." E sono rimasta molto meravigliata quando ho visto come alcuni utenti fossero profondamente scandalizzati da affermazioni di questo tipo. Non capivo perché scaldarsi tanto per "uno schiaffetto sulla manina", lo trovavo un atteggiamento piuttosto fanatico, idealista. Del resto, non si può equiparare lo schiaffo alla violenza no? No? No! Eppure, non riuscivo a trovare argomentazioni convincenti per sostenere questa tesi. Era come un dogma, come se uno dicesse ad un cattolico "ma come fa Dio ad essere uno e trino?". Nella discussione sono state tirate in ballo le teorie di Alice Miller, che spiega come i bimbi picchiati rimuovano le sensazioni negative e siano addirittura riconoscenti per le punizioni ricevute, adottandole entusiasticamente da genitori sui propri figli. La mano pietosa di Vito mi ha inviato alcuni scritti della Miller, abbastanza corposi però da essere messi da parte in attesa di essere letti per bene. Sì, la rimozione, ok, ma figurati, cosa vuoi che abbia rimosso io?
Poi ho riflettuto su una bella esperienza fatta all'inizio della mia gravidanza. Sono appassionata di equitazione, e da qualche tempo frequentando forum tematici avevo preso coscienza di quante idiozie vengano insegnate nei maneggi, non solo riguardo la correttezza dello stile nel montare, ma anche riguardo l'addestramento e il rapporto con il cavallo. Il tipico istruttore ti insegna che il cavallo è pigro, sfaticato, e se non "ti fai sentire" "ti prende la mano". Ci si fa sentire in genere col frustino, o col tallone (dotato o meno di speroni), ma anche tirando malamente le briglie. "Tanto mica lo sente", ti dicono. Però la pelle del cavallo è talmente sensibile che sente perfino se si posa una mosca, e freme; questo in genere non te lo fa notare nessuno. Però vi sono addestratori (purtroppo una minoranza) che domano i cavalli senza la minima violenza, utilizzando l'etologia equina per comunicare col cavallo "nella sua stessa lingua". I cosiddetti "sussurratori", per intenderci con un termine che il cinema ha reso famoso. Avevo letto molto sui vari metodi e scuole di "doma naturale". Letto, ma non visto.
E all'inizio della mia gravidanza, quando ancora non mi ero rassegnata a tenere il piede a terra, nel maneggio che frequentavo è capitato uno di questi strani personaggi. Non uno di quelli famosi, che si muovono solo per costosi stage e vendono libri e DVD con "metodi" più o meno codificati. Un ometto di poche parole, sudamericano trapiantato in Italia, chiamato a risolvere il caso di una giovane cavalla "impossibile", "pericolosa" che aveva buttato a terra persino l'istruttore. Quello che gli ho visto fare, quello che gli ho sentito dire, è stato affascinante. Lui al centro del tondino, tranquillo, calmo, concentrato, e la cavalla che girava in tondo con tutta la sua rabbia accumulata in chissà quali esperienze.
Non vi sto a raccontare i dettagli equestri, fatto sta che ad un certo punto mi è tornata in mente questa esperienza, ed ho pensato: ma se è possibile addestrare un cavallo (animale di specie completamente diversa dalla nostra) a portare uomini in sella (cioè a fare una cosa completamente aliena dalla sua natura) senza violenza, perché mai dovrebbe essere necessario picchiare un bambino, il proprio figlio (sangue del nostro sangue), per "insegnargli" a essere un uomo (cioè quello che porta scritto nel DNA)? E soprattutto ho riflettuto su questo: perché ho accettato senza alcuna difficoltà l'idea che si possa domare un cavallo senza violenza, ma non riesco ad accettare l'idea di crescere un figlio senza violenza? L'unica spiegazione è quella che dà la Miller: la violenza che ho subìto ha lasciato tracce che sono state rimosse dalla coscienza, per lasciare solo un automatismo profondo, una "coazione a ripetere".
Ed ho ricordato anche una frase dell'addestratore, che ad un certo punto ha proprio fatto il paragone: "i cavalli sono come bambini piccoli, ci vuole pazienza, come fai ad arrabbiarti con un bambino piccolo?" Era chiaro che per lui era inconcepibile l'idea di arrabbiarsi con un bambino piccolo; non so se i suoi spettatori (me compresa) avessero davvero capito il concetto...
I cavalli e il loro amico sudamericano mi hanno insegnato la differenza fra autorevolezza e autoritarismo.
Da lì in poi la strada (mentale) è stata in discesa: non mi ci è voluto molto per assimilare il concetto che non solo le punizioni corporali, ma le punizioni tout court, sono nel migliore dei casi inutili, che l'empatia e la comunicazione sono la strada da seguire, con tutti gli esseri viventi con cui vogliamo entrare in relazione, ed in primis con i nostri figli.
La diffusione di una cultura pro-punizione è come la diffusione di una pessima cultura equestre, che purtroppo dilagano entrambe proprio nel Paese di Caprilli e della Montessori, che entrambi fra fine '800 e inizio '900 cercarono di diffondere idee di rispetto, l'uno per l'equitazione naturale e l'altra per l'educazione dei bambini.
Nemo propheta in patria...

P.S.: questo pezzo è pubblicato sul sito www.nontogliermiilsorriso.org

vitorunner ha detto...

Te la dico anche io una cosa Rosco ed uso le parole che ho letto una volta scritte da Eduardo Galeano a proposito dei metodi della CIA per strappare confessioni ai presunti terroristi.
Galeano scrisse, più o meno, che una confessione strappata con la tortura non è attendibile. Come viene anche dimostrato nel film: L'ultimo inquisitore, http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=36009
Il padre e i fratelli di una ragazza che sotto tortura aveva ammesso la sua "colpa", sottoposero l'inquisitore allo stesso trattamento e lui firmò un documento in cui ammetteva di essere una scimmia.
Galeano, vado sempre a memoria, diceva che i torturatori, quelli intelligenti, sanno benissimo che lo scopo della tortura non è quello di strappare l'informazione ma un altro; quello dell'esercizio del potere. Far capire al gruppo oggetto d'"attenzione" chi è al di sopra, fino al punto di poter disporre del tuo corpo.( Chiedo scusa a Galeano e a tutti se la citazione non è precisa come dovrebbe, ma è pescata nella memoria da un vecchissimo articolo su Il Manifesto)
Anche l'ubbidienza ottenuta con gli sganassi non è vera obbedienza.
E'sottomissione, una sottomissione che nasce dalla consapevolezza che chi ci domina può disporre di noi.
I datori di lavoro che molestano sessualmente le impiegate, maltrattano i sottoposti ottengono obbedienza, senza dubbio. Chi subisce sa che lui dispone della loro vita, se perdono il posto faranno la fame.
Usi un metodo ai tuoi occhi brillante ed equilibrato, ma in realtà è fallace per sua stessa natura.
Anche nelle feroci dittature si salva una parvenza di democrazia condannando sempre dopo un processo se pur farsa. Il genitore che punisce non si mette in discussione, se sbaglia ,sbaglia nel giusto per un bene futuro non meglio identificato. Negli stati dove si applica la pena di morte il dramma più atroce è l'errore giudiziario, sai quando sbagli ed hai giustiziato qualcuno è difficile dopo chiedere scusa e lasciarlo libero dopo un risarcimento. Il sistema che adotti tu è proprio simile, sai ti può scappare la sberla senza volerlo ma una volta colpito lo hai colpito e basta da quello non si può tornare indietro. E' impresso nella carne per sempre, che ti piaccia o no.
Un ultima cosa voglio aggiungere a proposito di distinzione di piani che è emersa alcune volte nei commenti qui, ed esce ogni qualvolta si discute di questo.
Distinguere fra la sganassa della tua "simpatica" zia, e le botte che mandano all'ospedale. Tu che diresti ad una donna che ha subito una molestia sessuale tipo, che ne so, la mano morta. Diresti che c'è una differenza fra la molestia e la violenza carnale? Senza dubbio, giuridicamente, la differenza c'è. Ma chiedilo ad una donna come si sente. Chiedilo a tua moglie se nel momento in cui subisse una molestia, magari in pulman o in ufficio se in quell'istante le verrebbe da pensare: bhè almeno non mi hanno violentata.
Il corpo di tua moglie è suo, è lei che ne dispone. Il corpo di tuo figlio è suo ed è lui che ne dispone. Non sei Dio onnipotente signore del cielo e della terra. Hai letto il profeta di Gibran? Scrive: "I vostri figli non sono vostri. Sono figli e figlie della sete che la vita ha di se stessa" Io non sono credente tu non lo so, ma se lo fossi che penseresti che Dio li ha messi al mondo affinchè tu ne disponessi a tuo piacimento?
Rifletti Rosco, non riesco a liberarmi dall'idea che il gesto di: picchiare, colpire, sganassare un essere piccolo e indifeso è letteralmente: "vigliacco".
Io non credo che tu lo sia consapevolmente, ma sai anche a pontificare dal proprio blog in attesa dei commenti benevoli degli abituè, parenti compresi, non è coraggioso. Non è prova di grande sicurezza di se e delle proprio convinzioni sottrarsi a gentili inviti a dibattere su forum pubblici. So che non lo farai mai, il quadro è evidente, ma se caso mai un illuminazione ti cogliesse...
Pensaci stasera Rosco prima di colpire con una "sganassa" i tuoi figli. Da qualche parte nel mondo, qualcuno pensa di te che, se lo fai, non sei un uomo molto coraggioso.
Vitorunner

CaterinaC ha detto...

Ciao,
sono anche io mamma, in crescita con la mia piccola.
incuriosita da una segnalazione son venuta a vedere il tuo blog e molto cordialmente :) ti anticipo che non sono affatto d'accordo con te sull'utilità della violenza nel crescere i nostri piccoli. Anzi la trovo una banale scorciatoia per chi non se la senta di percorrere un sentiero meno battuto, senza luoghi comuni e la folla di chi ne è testimonial a dar conforto, ma decisamente piu' ricco ed autentico!
Vediamo se riesco a farti capire perchè.
Da che è nata mia figlia sono molto cambiata, ho riflettuto su alcune cose, ho notato che era radicalmente diverso il mio modo di vedere e sentire, e piano piano ho capito che tipo di genitore volevo essere: un genitore rispettoso.
Il rispetto è forse la cosa piu' importante in un rapporto d'Amore, e quello verso i propri figli è quanto di piu' perfetto possa esserci, o almeno così dovrebbe essere.
Rispetto significa certamente non sottoporli a nessun tipo di violenza: fisica, emotiva, ripetuta od occasionale. Violenza è violenza, stop. Ci si da giustificazione per tutto qunado non ce la si fa a fare ciò che in cuor nostro sappiamo esser giusto (non arrivare mai al punto di doverci pentire di aver alzato le mani su nostro figlio), ma la verità la sappiamo. O no? Perchè è sempre sbagliato picchiare un bambino?
Perchè? Un padre che per me è fonte di grande ispirazione ha scritto "perchè ci sono cose che semplicemente non si fanno!" Sto parlando di CArlos Gonzales, pediatra, son sicura che dato il titolo del tuo blog, dovresti leggerlo, ne avresti giovamento. Si tratta di uno dei pochi che non hanno paura del giudizio della società nel dire le cose come sono, nel dare un nome preciso a certe consuetudini, nello sbattere in faccia al lettore scomode verità (Come p.e. che anche una sola sberla, è una forma di violenza! Negarlo è lasciare al bibmo una responsabilità nostra di adulti, poco adulto direi).
Sai, leggendoti ho provato una profonda compassione per i tuoi figli ed anche un po' per te, se non ti offendi; ho immaginato la tua famiglia: loro, indifesi che si trovano con una guangia rossa e bruciante che manifesterebbe l'affetto di una delle persone che dovrebbe difenderli dalla violenza di qualsiasi genere, forma e "quantita" (e pensare che credevo in via di estinzione i teorici del "uno schiaffo non è gran cosa..." sinceramente, davvero lo pensi? prova ad immaginare di prenderlo, anzichè di darlo! Mettersi nei panni dei nostri piccoli è sempre illuminante) E tu, che dovresti educarli con l'esempio (e che bell'esempio dai a tuo figlio? gli insegni che si picchiano le persone cui si vuole bene?)... davvero sei così convinto che ferirli, violarne la loro integrità sia corretto? sia "per il loro bene"? Se ti interroghi no, direi. Un certo dubbio lo hai, è già qualcosa. :)
E allora mi viene da pensare che tu da piccolo le abbia prese, se no, non mi spiego da dove ti vengano queste convinzioni che però una parte di te mette in discussione.
E' un po' come quando vedi un bambino picchiare e torturare un animale o un amichetto: non è sicuramente un gesto naturale, è appreso, purtroppo. Forse è il tuo passato ad armare la tua mano: ci hai mai pensato? Come è stata la tua infanzia? Perchè tua sorella non picchia i suoi figli e tu si? Magari lei ha fatto un po' di strada in piu', ci hai mai pensato?
C'è un certo volersi dare in pasto al pubblico nella volontà di pubblicare un blog, per cui non ti stupire se ti ho messo sotto il mio microscopio! :) A me piace sempre vedere come mi vedono gli altri, lo trovo costruittivo, mi da sempre molti spunti di riflessione. Spero coglierai questo nel mio commento.
Ma torniamo al tema. Genitori, bambini e uso o no della violenza educativa. Chi mi ha preceduto ti ha già dato tanti spunti, io voglio darti una riflessione fresca fresca.
Questa mattina al supermercato discorrevo con mio marito al riguardo, osservando scende di ordinaria miopia (voglio essere generosa) degli adulti nei confronti dei loro piccoli, di decisa superficialità, o di colpevole ignoranza, anzi direi di incommensurabile egoismo!
Genitori urlanti nell'ora peggiore della settimana che riversavano il loro stress su poveri bambini che manifestavano giuste rimostranze:
non so quante volte ho sentito frasi come "se non la pianti di piangere fuori facciamo i conti!" oppure "c'è già casino, ci manca solo che frigni!"anche qui lo vedi bene un bello sganasso per "fermare" il "capriccio"? ...ma dato a chi? ;)
Forse non abbiamo la stessa idea. o magari sì, chi lo sa, a volte è piu' facile analizzare una sitauzione dall'esterno che quando se ne è protagonisti.
Questo è un esempio che forse ti aiuta a capire il mio punto di vista: mai e poi mai è giustificato un gesto violento su un bimbo. MAI.
Perchè sempre, SEMPRE, un bimbo che si lamenta esprime un disagio, lo esprime come è in grado di fare per l'età che ha, se è neonato piange, quando parla appena ripete "mammma" anche mille volte al minuto! se è comunque piccolo non è nemmeno in grado di dirti cosa prova, ma solo che non sta bene o vorrebbe essere altrove rispetto a dove si trova, ovvero dove nel 99% dei casi l'adulto lo ha posto senza considerare il suo punto di vista, ma solo con una logica a misura di adulto! Sta cercando di farsi capire dall'adulto, di ricordargli che esiste, e che è il caso di pensare anche a lui non di portarselo appresso con l'idea che possa avere un ruolo decorativo, come un bambolotto muto, e spesso ne riceve insulti, minacce, sbeffeggi, umiliazioni... caspita una gran base per costruire una sana autostima!
E immagino che ora mi dirai che non ho capito nulla, che ho fatto un esempio poco calzante, che tu non sei così egocentrico e poco obiettivo da pensare che portare un bimbo in un luogo da cui qualsiasi adulto vorrebbe scappere e prendersela pure con lui, ma... invece ho fatto un esempio che potessi capire (so che ogni uomo odia andare al super di sabato ;)) proprio per darti modo di riflettere su cosa è così altrettanto evidentemente poco a misura di bambino... se non erro tu hai affermato di aver picchiato tuo figlio perchè si è lamentato durante il lavaggio denti mentre tu avevi mal di testa. Ti sei chiesto se fosse stanco anche lui? Come sia stata la SUA giornata? Ma soprattutto ti sei chiesto perchè ha smesso di lmaentarsi dopo "la sganassa" (tra l'altro per tua ammissione pesante e data in un momento in cui hai perso il controllo)? Prova a pensare come un bambino: dunque, sei stanco e hai sonno, devi fare una cosa che non ti va, cerchi di farlo presente, vorresti solo qualche attenzione in piu', invece... non ti si filano! Alzi la voce, del resto tuo padre ha una faccia! ;) che avra? ah, sì: ha mal di testa! Certo al bimbo spiace, però ..."Ho sonno!!! Sono stanco" ( che è di pari dignità o no al tuo: "Ho mal di testa, sono stanco!"?) e che accade? non ti ascoltano, no! anzi sì: le grida son servite, ora ti guardano! e via un bel ceffone! :( pure a mano pesnate! "Ma come? mio padre??? Il mio papà, quello che dice di volermi bene? Solo perchè cercavo di spiegargli che provavo..." ;( bella roba! Non sei di sicuro un campione di empatia! (a proposito: perchè non gli andava quella sera? hai pensato di rendere il lavaggio denti divertente? o sei partito bruscamente con l'idea che siccome avevi mal di testa non c'era tempo per farne un esperienza meno noiosa per lui? Oppure gli hai propinato un bel "ora poche storie, laviamo i denti che è ora!", o hai fatto la lista delle indicazioni di buon senso che per un adulto magari posson andare (a te non è mai e dico mai capitato una sera di esser così stanco o ammalato da andare a letto dimenticando di lavare i denti? MAI?), ma che per un bimbo suonano come per te un noiosi film in una lingua che non capisci?) Cosa penso? Caspita! Ma se sta povera creatura dovesse fare qualcosa di veramente grave, come mettere in pericolo se stesso o gli altri, che farai lo prenderai a cinghiate?
Sai non è una battuta, son quelli che si convincono che l'uso di una "giusta qauntità di violenza" (la tua teorizzazione mi ha colpito, mi ha fatto pensare a chi cerca di vedere il mare da un luogo immerso nella nebbia e descrive ciò che vede)
Rosco ma ti rendi conti che è stata una reazione eccessiva? che davvero quello schiaffo non ha insegnato a tuo figlio altro che eri troppo stanco per pensare ad altri che a te stesso?
Tu eri stanco, tu hai dato uno schiaffo! TU. Lo schiaffo ha appagato te, non è servito a lui. Cosa volevi insegnargli? Davvero, vorrei capire che pensiero hai al riguardo, sai mi sfugge cosa può imparare un bambino dalla sensazione di subite una percossa da una delle persone che piu' ama.
Tu hai mai imparato qualcosa da una sganassa? Se sì, cosa? E che avevi fatto per prenderle?
Prova a raccontarmi qunado tuo figlio ha "meritato" uno sganasso, fammi tutto l'elenco! Scommetti che sono in grado di spiegarti che non hai visto un tuo errore, anche solo la tua poca lungimiranza nel prevedere che sarebbe stato stanco, affamato, avrebbe avuto mal di pancia, sonno, sete, si sarebbe sentito inadeguato, solo, non considerato in mezzo a soli adulti e senza giochi, o altro? Scommetti che arriverai a pensare che ci sono altre e molto piu' rispettose alternative per risolvere una sitauzione tosta con un bambino anzichè il considerare solo la via veloce per risolvere la noia di un momento di gestione difficile di tuo figlio, e che quindi vale la pena di fare lo sforzo di metterti un po' in discussione? Hai mai valutato che in realtà hai semplicemtne attribuito a lui una tua mancanza, per di piu' punendolo?
Vediamo se accogli la sfida. :)
Sei convinto che ci siano casi in cui la violenza educativa paghi o sia la via migliore? in cui uno schiaffo dato al momento giusto risolva?
Parliamone!
Io no!
Se condividi le tue riflessioni in un blog, nell'ottica di farne oggetto per un contraddittorio, con l'idea che è sempre possibile imparare dal confronto con chi la pensa diversamente da te, vieni pure a trovarci su nontogliermiilsorriso.org.
Abbiamo aperto questo spazio apposta per quelli come te! Quelli che pensano che la violenza abbia pesi e misure. Magari se sei bravo ci convinci... chi lo sa!
Nessuno di noi è un genitore perfetto, siamo sempre aperti ad accogliere chi è in cerca di confronto, altrimenti... beh, qua probabilmente avrai molti consensi, ma solo da chi la pensa come te, poco stimolante direi, sicuramente poco faticoso!
In bocca al lupo, se ce la farai questo salto ti darà tanto, ma molto di piu' ai tuoi figli. :)
Caterina.

Anonimo ha detto...

Ho seguito con interesse i commenti del precedente post ed anche questo.

Certo che è molto piu facile mollare uno schiaffetto, uno sculaccione e "fermare il loop" di escandescenze. La punizione, sia fisica che psicologica, può sembrare certamente un ottimo metodo di ottenere un "comportamento giusto" da nostri figli se l'obbietivo è solo quello.

Ma se ci chiediamo: "Che ragioni voglio che abbiano per cambiare il loro comportamento?" presto ci arriva una risposta istintiva: vorrei che lo facesse spontaneamente, perchè lui è sensibile ai sentimenti degli altri, perchè mi vuole bene e vule venirmi incontro.

L'uso di punizioni è cosi comunamente usata e giustificata che spesso si immagina che l'unica altra possibilità è essere permissivo, facendo nulla anche quando un bambino si comporta in modi che non sono in armonia con i nosri valori. Ma questo non è vero.

Non sarebbe molto meglio se mi comporto in modo coerente ai miei valori? Non è comunemente risaputo che i bambini sono come dei piccoli scimmie e pappagalli? ;) Ogni nostra parola, ogni nostro gesto è instantaneamente impresso nella loro mente, scavando strade neuronali nuove e ricalcando quelle gia create.

Forse sarebbe meglio rendermi conto che quello che voglio alla fin fine non è che mio figlio faccia cio che voglio, quando lo voglio, semplicemente perche *io* lo voglio: quello che veramente mi sta a cuore è una qualità di connessione con mio figlio che mi aiuta, ci aiuta, a trovare il modo di comunicare per soddisfare tutti quelli che sono coinvolti.

Rosco, tuo figlio era in bagno con te, e se lui è simile ai miei figli (ne ho 7, e tutti quanti hanno superato l'età di tuo figlio, quello che hai picchiato in faccia) immagino che essendo sera, lui si era elettrizato con quella "ultimo sforzo" per godere la sua giornata. Oppure, era veramente stanco e si era opposto alla pulizia dei dentini (che per i piccoli è, a volte, un gesto incomprensibile e una vera violenza alla loro autonomia.) Io, come mamma, cerco sempre di mettermi al loro posto, e sì, perche no?, ricordare me stessa da piccina, cercando il loro punto di vista.

Se io questa sera veramente non avrò voglia di lavarmi i denti per via della mia stanchezza (e mi capita tante volte, credimi!) non sarei tanto felice se mio padre (beh non è qui da noi oggi, ma ad immaginarlo) o mio marito trovandomi contrariata alla loro raccomandazione di lavarmeli mi mollassero una bella sberla sulla mia guancia rosea e rotonda (lo è, davvero!)... non so cosa farei--la rabbia sarebbe tale che non credo che mi riuscirebbe facile trattenermi...però, ricordandomi da piccola, forse sarei cosi scioccata che non riuscirei a dire nulla. E se mi metto negli panni della bambina che ero, anzi, negli panni di qualsiasi essere umano cosi piccino che noi comunemente chiamiamo "bambino" sarei non solo scioccato profondamente, ma turbato e offeso per un trattamento simile. Solo che essendo piccino, non avrei nessun corraggio ad esprimere le mie sensazioni così forti ed ovviamente inaccettabili per paura di ricevere un'altra sberla.

Ma sicuramente, questo bell' insegnamento me lo farei da tesoro e appena l'opportunità mi si presenterà, sono sicura che mollerò una bella sberla alla persona piu piccola e debole di me che mi contraria, e non fa cio che desidero.

E' facile "insegnare un giusto comportamento" e ottenere tale comportamento da qualsiasi animale, incluso l'essere umano, usando la punizione (la rimozione di gioccatoli o privileggi, l'isolamento forzata, la rimozione dell' attenzione o affetto del genitore, una sberla, la sgannassa, lo "schiaffetto" o uno sculaccione., ecc.).

Se io desidero un bambino che cresca con rispetto per gli altri, sensibile e gentile, chiedo se non sta a me come madre e a te, Rosco, come padre, di essere coerenti, comportandoci proprio come vorremmo vedere i nostri figli. Picchiare un bambino insegna a quel bambino che va bene picchiare un'altro essere piu piccolo, piu indifeso di lui. E anche se davanti a te non lo farebbe mai e poi mai, un giorno quando sarà grande, chissà. Forse la prima volta sarà proprio quando si trova davanti il suo figlio e lascia andare lo sberlotto per i tuoi stessi ragionamenti. E forse, un giorno, anche lui, dirà: "ma ci vuole, è cosi che faceva mio padre."

e cosi il cerchio vizioso continua al infinito. proprio come dice la Alice Miller:

"I bambini che vengono picchiati ben presto assimilano la violenza che hanno subito e che useranno da adulti, credendo a ciò che è stato detto loro: che hanno meritato le punizioni e che sono stati picchiati “per amore”. Non sanno che in realtà l'unica ragione delle punizioni ricevute è dovuta al fatto che i loro genitori a loro volta hanno subito e appreso molto presto la stessa violenza senza poterla mettere in discussione. Questi adulti, una volta bambini maltrattati, picchiano i loro stessi figli senza pensare di far loro del male, e spesso provano gratitudine nei confronti dei loro genitori che li hanno maltrattati quando erano piccoli e indifesi.

Ecco perché l'ignoranza della società rimane inamovibile e da millenni i genitori di ogni generazione continuano a produrre gravi sofferenze e distruttività - sempre "in buona fede." La maggior parte della gente tollera questa eredità ciecamente perché tuttora si ignora, in tutto il mondo, che le origini della violenza umana si trovano nell’infanzia. Quasi tutti i bambini piccoli sono sculacciati o schiaffeggiati durante i primi 3 anni di vita, quando cominciano a camminare e toccare ciò che non dovrebbe essere toccato.

Questo violenza avviene proprio nel periodo in cui il cervello umano si va formando, e dovrebbe per questo apprendere solo i modelli di gentilezza, onestà e amore: mai e poi mai la crudeltà né le menzogne. Fortunatamente ci sono molti bambini maltrattati che trovano dei “testimoni soccorrevoli” e possono sentirsi amati da loro." preso dal articolo "maltrattamento e abuso-che cos'è a www.nontogliermiilsorriso.org
Lo so che hai gia visitato il nostro sito, ma veramente non capisco perche non riesci a vedere la sberla, lo schiaffo che hai dato al tuo figlio per quello che è:

hai picchiato tuo figlio, e adesso lui sa che picchiare è un ottimo modo per convincere un altro essere piu debole a cedere al suo desiderio. Picchiare insegna a picchiare e null'altro. E ogni volta che lo farai di nuovo, scaverai questa lezione sempre piu in profondo nelle strade neuronali del suo cervello.

Rosco, avevi scritto:
"rovisto nella memoria e mi ricordo che c'era un tale che diceva che i bambini non hanno bisogno di papà e mamme perfette ma di papà e mamme che sbaglino e poi correggano i loro comportamenti e che è in questo lavoro continuo di sintonizzazione che si costruisce il valore del rapporto genitori\figli."

Spero sinceramente che tu trovi in te la coerenza e la consapevolezza di momento in momento, per mettere veramente questo in pratica. Un papà che sbaglia dice che ha sbagliato, senza timore. Riconosce al figlio il rispetto mancato e se veramente vuole sintonizzare (connettere, direi io) con il suo figlio fa lo sforzo di controllarsi e non picchiare mai piu. Forse quel padre avrà momenti di collera, di nervi in tilt, ma se lo desidera dal cuore, troverà altre strategie per comunicare con suo figlio. Ragiona un pò, Rosco, su questo: non c'è nessuno che molla una sberla a te quando sbagli come padre...a te è permesso di sbagliare (e quello che fai può avere conseguenze anche gravi), a tuo figlio no!

Lascio due altri articoli sempre a www.nontogliermiilsorriso.org (sotto autori vari) utili per chi forse non vorebbe mollare mai piu uno sberlo, uno sculaccione, ma non sa come cambiare strategia per comunicare con suo figlio o non è ancora convinto, scritta dalla psicologa americana, Jan Hunt, M.Sc.:
http://www.nontogliermiilsorriso.org/drupal/articoli-vari/dieci-ragioni-non-picchiare-i-vostri-bambini-di-jan-hunt
http://www.nontogliermiilsorriso.org/drupal/articoli-vari/dieci-ragioni-rispondere-un-bambino-che-piange-di-jan-hunt

melissa
mamma di 7
"There is a Place beyond Rightness and Wrongness -- let us meet There." §Rumi

CaterinaC ha detto...

Una piccola precisazione, l'intervento di prima purtroppo ho dovuto inviarlo prima di rileggerlo: mia figlia si è svegliata sul piu' bello e non sapevo quando avrei avuto di nuovo tempo x ricollegarmi... spero si capisca.
Caterina

Anonimo ha detto...

sono arrivata qui di rimpallo dal blog della mia migliore amica, per prima cosa devo farti i complimenti per la tua pazienza e per la tua disponibilita' a crescere, sempre e comunque
io sono una "mamma cattiva e stronza" di 46 anni, con una figlia di 23 che ho cresciuta copn scarsissimo appoggio visto che sia i nonni che il marito lavoravano da mattina a sera, io ho potuto restare a casa fino ai suoi 9 anni e crescerla come volevo io ... o quasi visto che la cucciola ha dimostrato fin da subito la docilita' di un mulo!
e la determinazione di federe fin dove poteva arrivare, fino a che punto poteva graffiarmi i nervi e farmi piangere dalla rabbia; non solo le corse in mezzo alla strada, i no, i capricci, l'arrampicarsi su ogni possibile appiglio ... ma anche il girarsi e guardarmi con un'aria di sfida e dirmi chiaro chiaro "e adesso che fai?" dopo le minacce, le sgridate, le sculacciate ... ho scoperto che anche il mio piccolo mostro aveva un punto debole: non voleva essere umiliata in pubblico!
quindi alla sfida successiva ha ricevuto un solo singolo sonoro schiaffo in piena guancia! ovviamente e' scoppiata in lacrime, ovviamente non ho ceduto al ricatto di comprarle quello che volevo ed altrettanto ovviamente l'ho presa saldamente per mano e riportata a casa senza ulteriori giochi eta'? 4 anni, quanto tempo e' passato tra quello schiaffo e il successivo? piu' di un anno
dopo il primo schiaffo e' bastato guardarla e contare "1 ... 2 ... sappi che il 3 e' seguito dalla schiaffo, continui?" la risposta era sempre un "no" mugugnato ma la cosa finiva li
Claudia ha 23 anni, non ha mai toccato droga, non si ubriaca ed e' una persona molto equilibrata, un po' molto pignola ed estremamente coerente, fa promesse solo se e' in grado di mantenerle e non e' mai avara di sorrisi

io ho subto molte botte da figlia, ho cessato presto di portare rispetto a genitori che non mantenevano mai le loro promesse ma non per questo ho permesso a mia figlia di crescere senza regole o limiti, ha sempre marciato entro binari ben definiti ... ovviamente man mano che cresceva i binari si allargavano e le direzioni aumentavano, ma era ed e' un processo naturale ... come e' naturale che i genitori siano persone, anche loro con le giornate no e con le loro idee, persone da rispettare anche se sei un bambino
ho preteso rispetto da mia figlia quando lei era piccolissima, glilo ho dato senza restrizioni mentre cresceva e sono orgogliosa di dirti che oggi mia figlia mi rispetta, ha rispetto di se stessa ed e' determinata nel dare rispetto solo alle persone che mostrano di meritarselo

non fanno esami per poter essere genitori, per fortuna! altrimenti non passerebbe nessuno, nemmeno con la sufficienza!!

come diceva mia suocera, che adoravo, avere figli e' fare un investimento che comporta tanto lavoro ingrato, ma sai di aver fatto un buo lavoro solo dopo 30 o 40 anni, quando ti dicono, mamma avevi ragione, grazie di essere stata la mia mamma

a risentirci tra una trentina d'anni
Alba