ruggine e ferro

Ruggine e ferro
eravate e siete
ed io
che vedevo e so
sorrido
perchè di ruggine e ferro
vivo

Papà e amico*

Papà, siediti e ascolta la mia canzone
E se te la senti canta anche tu
No, non c’è niente che ti voglio dire che non ti ho già detto prima
Ma, per usare parole tue, non puoi mai essere troppo sicuro

Vedi, nonostante non lo dimostri sempre
Sono contento che tu sia qui
Ho detto che sono contento che tu sia qui

Figliolo, è così strano sentire e vedere
Che qualcuno così diverso è un’anima affine alla mia
Può darsi che tu sia andato a destra dove io sarei andato a sinistra
Ma figlio mio, va bene. Avrò sempre il tuo appoggio.
Vedi, nonostante non lo dimostri sempre
Sono orgoglioso di te, figlio mio.

Giorni andati e in ognuno di quelli nuovi la voglia di essere come te

Ogni volta che ti guardo, vedo me stesso. Sono così orgoglioso di te.
Perché tu mi aiuti ad essere ciò che sono,
un uomo migliore.
Sono semplicemente così orgoglioso di te.

Alain: Papà, le tue opinioni sulla vita.. dimmi come si sono formate.
Be’, vedi, non conoscevo mio padre come tu conosci me.
Dane: Figlio mio, la vita è troppo breve perché io e te non restiamo in contatto.
Questo è il motivo per cui ti voglio dire che ti voglio tanto bene
Anche se non lo dimostro sempre, tu lo sai
E voglio che tu lo sappia

Ogni volta che ti guardo, vedo me stesso. Sono così orgoglioso di te.
Perché tu mi aiuti ad essere ciò che sono,
un uomo migliore.
Sono semplicemente così orgoglioso di te.

Sono qui e sarò, se posso, un padre ed un amico.

Ogni volta che ti guardo.

Ogni volta che ti guardo, vedo me stesso. Sono così orgoglioso di te.
Perché tu mi aiuti ad essere ciò che sono,
un uomo migliore.
Sono semplicemente così orgoglioso di te.

Sai che un giorno sarò anch’io nei tuoi panni
Sì e so che te la caverai perché sei figlio mio
Hey, papà, dimmi cos’hai imparato
Così non mi metterò nei guai
Figlio mio, te ne renderai conto vivendo, farai i tuoi sbagli
Ma andrà bene così, si impara vivendo
Si impara vivendo.


*Father and Friend - Alain Clark

Federico*

Dedicata a chi mi ama.

Lungo il prato, dove un tempo pascolavano le mucche, c'era un vecchio muro.
Fra le pietre del muro, vicino al granaio, cinque allegri topi di campagna avevano costruito la loro casa.
Ma quando i contadini avevano abbandonato la fattoria, il granaio era rimasto vuoto.
l'inverno si avvicinava e i topolini dovettero pensare alle scorte.
Giorno e notte si davano da fare a raccogliere grano e noci, fieno e bacche. Lavoravano tutti. Tutti tranne Federico.
~Federico, perchè non lavori?~ chiesero.
~Come non lavoro~, rispose Federico un po' offeso.
~Sto raccogliendo i raggi del sole per i gelidi giorni d'inverno~
E quando videro Federico seduto su una grossa pietra, gli occhi fissi sul prato, domandarono: ~E ora, Federico, che cosa fai?~
~Raccolgo i colori~ rispose Federico con semplicità.
~L'inverno è grigio~
Un'altra volta ancora, Federico se ne stava accoccolato all'ombra di una pianta.
~Stai sognando, Federico~, gli chiesero con tono di rimprovero.
Federico rispose: ~Oh no! Raccolgo parole. Le giornate d'inverno sono tante e lunghe. Rimarremo senza nulla da dirci~.
Venne l'inverno e quando cadde la prima neve, i topolini si rifugiarono nella tana tra le pietre.
In principio si rimpinzarono allegramente e si divertirono a raccontarsi storie di gatti sciocchi e volpi rimbambite.
Ma, a poco a poco, consumarono gran parte delle noci e delle bacche, il fieno finì e il grano era solo un lontano ricordo.
Nella tana si gelava e nessuno aveva più voglia di chiacchierare.
Improvvisamente, si ricordarono ciò che Federico aveva detto del sole, dei colori e delle parole.
~E le tue provviste, Federico~ chiesero.
~Chiudete gli occhi~ disse Federico, mentre si arrampicava sopra un grosso sasso.
~Ecco, ora vi mando i raggi del sole. Caldi e vibranti come oro fuso~ E mentre Federico parlava, i quattro topolini cominciarono a sentirsi più caldi. Era la voce di Federico? Era magia?
~E i colori~ chiesero ansiosamente.
~Chiudete ancora gli occhi~, disse Federico. E quando parlò del blu dei fiordalisi, dei papaveri rossi nel frumento giallo, delle foglioline verdi dell'edera, videro i colori come se avessero tante piccole tavolozze nella testa.
~E le parole, Federico~
Federico si schiarì la gola, aspettò un momento, e poi, come da un palcoscenico, disse:

CHI FA LA NEVE, IL PRATO, IL RUSCELLO?
CHI FA IL TEMPO BRUTTO OPPURE BELLO?
CHE DA' IL COLORE ALLE ROSE ALLE VIOLE?
CHI ACCENDE LA LUNA IL SOLE?

QUATTRO TOPINI, AZZURRI DI PELO,
CHE STANNO LASSU' A GUARDARCI DAL CIELO.

UNO FA IL SOLE E L'ARIA LEGGERA
E SI CHIAMA TOPINO DI PRIMAVERA.
BOUQUETS PROFUMATI .. SERENATE,
CE LI REGALA IL TOPINO D'ESTATE.
IL TOPINO D'AUTUNNO FA SCIALLI E RICAMI
CON FOGLIE DORATE STRAPPATE DAI RAMI.
IL TOPINO D'INVERNO, PURTROPPO SI SA,
CI DA' QUESTA FAME ... E IL FREDDO CHE FA.

LE STAGIONI SONO QUATTRO. MA A VOLTE VORREI
CHE FOSSERO SETTE, O CINQUE O SEI.

Quando Federico ebbe finito, i topolini scoppiarono in un caloroso applauso.
~Ma Federico~, dissero, ~tu sei un poeta! Ti faremo una corona d'alloro!~
Federico arrossì, abbassò gli occhi confuso e timidamente rispose:
~Non voglio applausi, non merito alloro. Ognuno in fondo, fa il proprio lavoro~.






*di Leo Lionni / Babalibri