tag:blogger.com,1999:blog-235877492024-03-06T21:02:13.559+01:00PROFESSIONE PAPA' ®52 anni, una moglie e tre figli (Samu 17, Alino 14, Francesco 8)
www.professionepapa.itFEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.comBlogger158125tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-70453312210280958542019-01-25T23:58:00.000+01:002019-01-30T12:25:01.896+01:00La differenza emotiva tra mamma e papà<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIQ28nQuQE9q3EKOctvZFqAsihyphenhyphenFfLfykvCUbY1Y8loI-BgwzynG4taqS9-nNzpICnUtUX5Km2ygT6iVTDn3zBNgQUnBPVF5ttIJE2PxYaBiyCjT4e3afG4YKcRdfsrDQxYNgL/s1600/genitori-di-oggi-500x420.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="420" data-original-width="500" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIQ28nQuQE9q3EKOctvZFqAsihyphenhyphenFfLfykvCUbY1Y8loI-BgwzynG4taqS9-nNzpICnUtUX5Km2ygT6iVTDn3zBNgQUnBPVF5ttIJE2PxYaBiyCjT4e3afG4YKcRdfsrDQxYNgL/s320/genitori-di-oggi-500x420.jpg" width="320" /></a></div>
<h2 style="margin: 10pt 0cm 0pt;">
<span style="font-size: medium;"><span style="color: #4f81bd;"><span style="font-family: "cambria";">La differenza emotiva tra mamma e papà<o:p></o:p></span></span></span></h2>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Ebbene, abbiamo preso coscienza dello schema famigliare ora
che nascerà un bimbo. Pensavamo di diventare n.2 più qualcosina ed invece
abbiamo scoperto che diventiamo ben n.4. Cioè, per essere più precisi, gli
attori protagonisti della famiglia che si sta formando saranno n.3 ma i
rapporti che caratterizzeranno questo nucleo famigliare saranno n.4. Il
rapporto originario, cioè quello da cui è scaturito tutto, e cioè il rapporto
di coppia, il rapporto mamma-figlio, il rapporto papà-figlio e il nuovo ed
inaspettato (si fa per dire) rapporto mamma-papà, il rapporto di genitorialità.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Nuovo senz’altro, ma perché inaspettato? Eh già perché
arrivati alla vigilia del parto non tutti si sentono già genitori, non tutti si
sentono pronti, non tutti sono perfettamente consapevoli di cosa sta per
accadere.<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-family: "calibri";">Quando si chiede alle coppie di futuri genitori se si sentano
già genitori, le risposte non sono così scontate, a volte sono incerte, i visi
sono dubbiosi, gli sguardi sono un po’ persi nel nulla. C’è chi alza la mano
convinto e dice di sentirsi genitore dal giorno in cui ci si è detti: “Proviamo
ad avere un bambino”. Poi c’è chi racconta di essersi convinto nel momento in
cui ha visto per la prima volta la righetta sul test di gravidanza. C’è anche
chi dice di averlo capito ancor prima che il test lo rivelasse: donne che raccontano
di come sia stato il loro corpo ad avvisarle, uomini che hanno visto una luce
differente nello sguardo della compagna e hanno azzeccato la previsione.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Ci sono poi quelli un po’ più razionali che dicono di aver
sentito l’anelito genitoriale dopo aver visto battere il cuoricino alla prima
ecografia, mentre altri hanno avuto bisogno di sentirlo muovere o di vedere il
pancione che si deformava vistosamente per lo spostamento del bimbo. Altri
hanno sentito la chiamata quando hanno saputo che il bimbo poteva già sentire
le voci dichi parlava vicino al pancione, altri che hanno fatto click quando il
bimbo ha reagito con un calcetto alla pressione della mano sulla pancia.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">I racconti sono mille, teneri, ridicoli, razionali, formali,
tecnici, tutti veri, tutti da ascoltare, tutti da mettere in un archivio
mentale, ma soprattutto tutti da elaborare perché <span style="font-family: "calibri";">ad analizzarli bene questi commenti <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di futuri genitori, a sentire i racconti delle
loro emozioni, si deduce che spesso all’interno della coppia la sensibilità
non sia la stessa. </span></span><br />
<span style="font-family: "calibri";"><span style="font-family: "calibri";">Magari troviamo una mamma consapevole e serenamente pronta
ad affrontare la nuova esperienza seduta a fianco al futuro papà che invece
tentenna, che dice: “Forse ho bisogno di vederlo per sentirmi davvero papà”.
Oppure troviamo una mamma alla 30 esima settimana ti guarda un po’ spaesata e
ti dice di non sentirsi ancora mamma - e a guardarla viene da sorridere perché
con quel pancione sembra lo spot della maternità - seduta a fianco ad un futuro
papà che ha già metabolizzato, è già pronto, ha preparato la cameretta,
organizzato la casa, ordinato la nuova macchina, deciso il nome e già stabilito
in che modo riorganizzerà tutti gli orari della sua vita per poter stare più
ore possibili con il suo bambino.<o:p></o:p></span></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">In una parola, molto spesso nella coppia si scopre di essere
in uno stato emotivo diverso. E la cosa un potrebbe fare un brutto effetto. Ma come, si è deciso
insieme, sta andando avanti il progetto che si è sognato assieme, sta per
accadere la cosa che terrà legati assieme per il resto della vita – perché
genitori<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>lo si resta per sempre – e ci
si ritrova diversi?! Diversi ancora prima di cominciare! Francamente non suona
bene, sembra quasi impossibile.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">E invece è possibile. Può succede di ritrovarsi in uno stato
emotivo differente, ma la cosa non deve assolutamente né sorprendere né
preoccupare. Direi anzi che la differenza potrebbe essere considerata la normalità. Si è
differenti innanzitutto perché questi nove mesi sono stati vissuti in maniera differente. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><br />
<span style="font-family: "calibri";"><span style="mso-spacerun: yes;"></span>Le donne vivono la gestazione come una vicenda
soprattutto fisica. Sono ingaggiate fisicamente. Il loro corpo cambia, da
subito,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e dà loro segnali inequivocabili
di quanto stia succedendo. Sono molte le donne che riferiscono di avere
instaurato un vero e proprio dialogo con il loro corpo che le ha accompagnate
per tutti i nove mesi di gravidanza, alcune addirittura raccontano di essersi
sentite rassicurate dalla sensazione di poter pensare “Se sto bene io, sta bene
il bimbo”. Pensiero più rassicurante che realistico.<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-family: "calibri";">Gli uomini invece passano nove mesi nei quali possono solo
pensarlo il loro bimbo. Se lo immaginano, lo sognano, provano a parlaci
attraverso il pancione, provano a interagire con lui massaggiando il pancione
della mamma, e questa loro posizione defilata, esterna, in un certo senso
secondaria, può farli sentire frustrati. Alcuni hanno raccontato di soffrire una
vera e propria gelosia, altri invece hanno riferito di non essersi sentiti<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>chiamati in causa e quindi di aver preferito
rimanere un po’ ai margini di una vicenda che appariva loro come una cosa
riservata al mondo femminile. </span><br />
<span style="font-family: "calibri";">C’è da dire che non sempre gli operatori sono
preparati per coinvolgere il papà in tutte le occasioni che si propongono
durante la gravidanza. Ci sono ancora Pediatri che parlano soltanto guardando
la mamma, ci sono Ginecologi che interloquiscono solo con le mamme, rafforzando
questa sensazione che molti uomini hanno di essere di troppo in questa vicenda.
Un papà ha riferito di aver assistito a tutte le ecografie durante i nove mesi
e di essersi amaramente reso conto che la Dottoressa non gli ha mai rivolto la
parola. Per fortuna questa mentalità sta cambiando e si può star certi che
frequentando i Centri più organizzati o riferendosi ai Professionisti più
preparati, ci si trova gradevolmente accolti in procedure e in situazioni che
prevedono la massima attenzione per la coppia di genitori intesa come entità
unica, proprio a voler valorizzare fin dall’inizio l’importanza del
coinvolgimento di ambedue i genitori nelle funzioni di cura. Ma non dappertutto
è così, e chi ne fa le spese è la coppia, che rischia di non riuscire a
sbocciare pienamente nel suo nuovo compito genitoriale.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Fatto sta che – operatori o non operatori - il percorso
emotivo dei papà e delle mamme è differente, quindi non bisogna farsi
sorprendere se ci si ritrova diversi, se ci si scopre in uno stato emotivo
differente, ma questa diversità non bisogna interpretarla come un difetto della
coppia, o come un primo segnale di future difficoltà o divergenze nei compiti
genitoriali, ma come una risorsa decisiva per costruire un progetto
genitoriale efficace.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Il segreto per affrontarla e non farsi spaventare è
innanzitutto il dialogo. Parlarsi, capirsi e darsi tempo. Raccontarsi le proprie emozioni e darsi tempo di
metabolizzare un evento che la nostra cultura ci presenta ancora come un evento
che debba rendere felice e realizzata soltanto la donna e che debba coinvolgere
l’uomo solo marginalmente, ma che invece la nostra generazione sta cercando di
rielaborare in maniera più ampia.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Abbiamo deciso di far
famiglia assieme, di costruire un progetto educativo congiunto al quale mamma e
papà partecipano pariteticamente, interscambiabilmente e in stretta
collaborazione, e ci troviamo di fronte ad una prima problematica. Sui blocchi di
partenza ci sono due persone che potrebbero avere stati d’animo differenti e
una consapevolezza differente. <o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Niente panico. Partire così non è partire con l’handicap ma con una
marcia in più. Io dico che la differenza è l’arma decisiva per ottenere buoni
risultati. Si tratta di capirne la potenzialità e di gestirla bene. </span><br />
<span style="font-family: "calibri";"></span><br />
<span style="font-family: "calibri";"><em>Federico Ghiglione - <span style="font-family: "calibri";">Pedagogista</span></em></span><br />
<span style="font-family: "calibri";"><em>Ideatore Progetto Professione Papà</em></span><br />
<span style="font-family: "calibri";"><a href="http://www.professionepapa.it/"><em>www.professionepapa.it</em></a></span><br />
<span style="font-family: "calibri";"><em></em></span><br />
<div style="text-align: right;">
<span style="font-family: "calibri";"><em>riproduzione vietata</em></span></div>
<br />
<br />FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-31545945390386002242019-01-17T15:32:00.001+01:002019-01-30T12:17:02.851+01:00Pensavamo di diventare 2 e 1/2 e invece siamo diventati 4 - il Triangolo primario<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWk5beNK20bi6ZbHBJwVX-oMoJihiRQGEFmytF1ymlBpEJvs0iCjBlgmGdCB4RvdcGmvPkwNYOD6chwLPe1vu6iadgvFKVMReVF-j4iJIL4R_Tv5rnxs-lz3mklcXGJspb7Qzg/s1600/triangoloImmagine1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="398" data-original-width="637" height="199" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWk5beNK20bi6ZbHBJwVX-oMoJihiRQGEFmytF1ymlBpEJvs0iCjBlgmGdCB4RvdcGmvPkwNYOD6chwLPe1vu6iadgvFKVMReVF-j4iJIL4R_Tv5rnxs-lz3mklcXGJspb7Qzg/s320/triangoloImmagine1.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<h2 style="margin: 10pt 0cm 0pt;">
<a href="https://www.blogger.com/null" name="_Toc534193437"><span style="color: #4f81bd; font-family: "cambria"; font-size: medium;">Pensavamo di diventare 2 e 1/2 e invece siamo
diventati 4 - il Triangolo primario</span></a><o:p></o:p></h2>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<o:p><span style="font-family: "calibri";"> </span></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Quando si esce dalla sala parto in quanti si è? Eh … bella
domanda … . C’è la mamma, il papà e un piccolo esserino che a malapena apre gli
occhi, che timidamente o imperiosamente piange, che se proprio è un gigantone
pesa 4 kg, non si muove, se non piange grugnisce un po’ fa qualche rumorino,
oppure dorme, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>visto che non è detto che
sia già attaccato alla tetta della mamma, suo luogo preferito e che rimarrà
tale per un bel po’ di tempo.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Dai contiamo, quanti si è? 2,1? No dai vabbè lui/lei ha un
nome, è un’entità ormai ben definita, la si può vedere, toccare, baciare,
annusare. Non è mica come prima che per accorgersene bisognava sentire i
movimenti nella pancia, i calcetti, oppure soltanto pensarla o immaginarla. Questo
conteggio non è convincente.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Dai, facciamo che si è 2 e ½? Mmm, non è convincente nemmeno
così; <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>½ sembra un po’ poco. Lui/lei è
piccolo però è tutto quello che si <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>voleva,
che si è sognato molto per tanto tempo e moltissimo durante <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>questi nove mesi. Vabbè che non parla, non può
dire la sua e non sembra nemmeno che capisca tanto dove sia capitato, ma ½ e
troppo poco. Ad essere proprio realisti sembra che ci sia solo lui/lei, sembra <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che tutto il mondo sia tutto concentrato li,
nei suoi occhi appena socchiusi, nel suo respiro veloce, nel suo pianto serratissimo.
E’ sicuro. Lui/lei, anche se ha 5 minuti di vita vale 1. E’ ufficiale usciti
dalla sala parto si è in 3.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Eppure, c’è ancora qualcosa che aleggia nell’aria, qualcosa
che sembra non essere stato ancora conteggiato. Non è tanto un conteggio delle
persone che ora costituiscono il nuovo nucleo famigliare, ma piuttosto una
sensazione che il sistema adesso sia un po’ più complesso, articolato.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Facciamo così, non contiamo le teste, contiamo i rapporti
che ci legano, contiamo le relazioni, magari facendo così riusciamo ad avere un
quadro della situazione più preciso.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Rapporto mamma – bimbo. Quello c’è da nove mesi, dal giorno
in cui la mamma ha visto la righetta sul test di gravidanza, oppure ha sentito
una sensazione diversa dal solito che le ha fatto capire di essere
meravigliosamente “abitata”, oppure da quel giorno in cui una mamma, un papà o
un marito/compagno guardandola negli occhi le ha detto, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>vedendo in lei una luce strana: “secondo me
sei incinta”. Ecco quei due li stanno assieme già da nove mesi, ora finalmente
si possono vedere, toccare, annusare, ma si conoscono da un bel po’. Sono due
veterani. E siamo a n.1 rapporto.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Rapporto papà – bimbo. Il papà ha visto uscire la sua
testolina spettinata mentre era intento a incoraggiare la mamma, coccolandola,
dicendole che era bravissima e che stava andando tutto bene; in qualche modo è
riuscito a non svenire o non piangere come l’uomomenoviriledelmondo,
limitandosi a sorridere e a dire goffamente l’unica cosa non vera e cioè “è
bellissimo”. In realtà stava pensando: “mioddio tesoro come sei accartocciato,
speriamo che qui succeda qualcosa perché sembri E.T.”. Insomma, quando escono
dalla sala parto, papà e bimbo si conoscono da 5 minuti e uno dei due ha dei
forti dubbi sulla bellezza dell’altro, ma per l’impegno a stare vicino alla
mamma in sala parto e per l’instancabile corteggiamento che il papà ha fatto al
bimbo ronzando come un curiosone attorno al pancione della mamma, si merita di
essere conteggiato tra i rapporti esistenti nel nuovo nucleo famigliare, quindi
siamo a n.2 rapporti.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Rapporto mamma-papà. La coppia che per amore ha deciso di
mettere al mondo un piccolino. Lasciamo perdere che in alcuni casi, durante il
parto, lei potrebbe aver insultato lui per averla messa in quella situazione, o
potrebbe aver usato il compagno come parafulmine sul quale sfogare tutta la
tensione del parto, o addirittura potrebbe averlo usato come sacco da pugilato
per scaricare fisicamente lo stress del parto. Lasciamo perdere che in alcuni
casi il marito potrebbe aver passato il periodo del parto sdraiato su un
lettino e seduto goffamente su una poltrona con i Sali per rinvenire da uno
svenimento. Lasciamo perdere che in alcuni momenti degli ultimi mesi e in
quelli passati nella sala parto potrebbero essersi leggermente affievolite le
occasioni di intimità, di spensieratezza o di giocosità per lasciar spazio alla
concentrazione della performance della nascita, fatto stà che quella è una
coppia, anzi è LA coppia che governerà la nuova famiglia, quindi nella conta
dei nostri rapporti, all’uscita della sala parto si è sicuramente a n.3. <o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Quindi è fatta! Se contiamo le persone, si è in n.3, se
contiamo i rapporti sono n.3.<o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Eppure, … nel conteggio manca qualcosa. Qualcosa di nuovo
che aleggia nell’aria, che - a dir la verità – forse aleggiava già prima di
entrare in sala parto, addirittura anche prima di arrivare all’ospedale. Di
più, a pensarci bene, si potrebbe dire che si ha la sensazione che ci possa
essere qualcosa che è nato da tempo; qualcosa di profondissimo, quasi
silenzioso, una sorta di traccia sotterranea di filo rosso, che ha preso
lentamente forma negli ultimi nove mesi e che si ha l’idea non si esaurirà mai.
Un filo rosso, un’idea comune, una meta comune, che hanno indirizzato tutte le
scelte, i discorsi, i progetti, i sogni, degli ultimi tempi e con un’intensità,
una profondità ed una forte sensazione di responsabilità che si ha la
sensazione non si esaurirà con la semplice uscita dalla sala parto, ma che
anzi, vede la sala parto come il vero inizio. Tutti i discorsi, i sogni, i
pensieri, i progetti degli ultimi nove mesi altro non erano che la preparazione
al vero momento che segna l’inizio. L’inizio di un’altra vita, l’inizio di un
progetto insieme, l’inizio di una responsabilità congiunta, l’inizio di un
percorso di crescita e trasformazione ineluttabile, l’inizio di un nuovo
compito, di un nuovo ruolo. Il ruolo di genitori. Ecco! Quando si esce dalla
sala parto non si è soltanto una coppia alla quale si deve sommare un bimbo,
conteggiandolo a seconda dei punti di vista 0,1 oppure ½ o addirittura 1,
quando si esce dalla sala parto il conteggio è un po’ più articolato: mamma +
papà + bimbo = 3 persone, però se contiamo i rapporti in gioco, che legano
questi nuovi n.3 compagni di viaggio il numero che otteniamo è n.4.
Mamma-bimbo, Papà-bimbo, Mamma-Papà (rapporto di coppia), Mamma-Papà (rapporto
di genitorialità). <o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Ecco, adesso è tutto più chiaro. <o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Accidenti, si entra in sala parto che si è una coppia
(conteggio: n.2 persone, n.1 rapporto, di coppia) e siamo usciti che si è in n.3
persone e n.4 rapporti. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quindi a voler
essere precisi come dei farmacisti, in sala parto non nasce soltanto un piccolo
esserino, ma nasce una famiglia. Lo so potrebbe sembrare una banalità ma è tutt’altro.<o:p></o:p></span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: "calibri";">Infatti se ci si sofferma ad analizzare il nuovo sistema, si
nota innanzitutto che si tratta di un sistema che per funzionare bene deve
avere ben n.4 ingranaggi in buona manutenzione. Questo significa che dal
momento in cui si esce dalla sala parto la nuova famiglia funzionerà soltanto
se tutti e n.4 i rapporti saranno rapporti soddisfacenti. E non è poco,
soprattutto se si fa il confronto con la coppia dove il rapporto da tenere in
buona salute è soltanto n.1. <o:p></o:p></span></div>
<span style="font-family: "calibri";">Il nuovo assetto famigliare, quindi, chiama Papà e Mamma ad
un grande lavoro; si dovrà partecipare ad un meraviglioso gioco con difficoltà
livello 4 mentre fino al giorno prima si stava giocando ad un gioco con livello
di difficoltà 1.<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-family: "calibri" , "sans-serif"; font-size: 11pt; line-height: 115%;">Per la cronaca, per chi ha due figli il livello è 7,
per chi ne ha 3 il livello e 11. Tanti auguri!</span><br />
<span style="font-family: Calibri;"></span><br />
<span style="font-family: "calibri";"><em>Federico Ghiglione - <span style="font-family: "calibri";">Pedagogista</span></em></span><br />
<span style="font-family: "calibri";"><em>Ideatore Progetto Professione Papà</em></span><br />
<span style="font-family: Calibri;"><a href="http://www.professionepapa.it/"><em>www.professionepapa.it</em></a></span><br />
<span style="font-family: Calibri;"><em></em></span><br />
<div style="text-align: right;">
<span style="font-family: Calibri;"><em>riproduzione vietata</em></span></div>
FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-29772909117062890392018-12-19T19:41:00.001+01:002018-12-19T19:41:51.966+01:00<div style="text-align: center;">
LAVORI IN CORSO - STO PER TORNARE</div>
<div style="text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAjTTTeS4SZ5oopyyXsppeIMNlQsiBu4IiVdOZd8wVCD1V2rfNZJOJArBpflloHzZQ1hIT1OH6UHqYmlriQrgclLBOqVgtzHbLbFQ4mvhaxOZR5ZEPihBlO3Snt3YAKms6jE5h/s1600/cieloImmagine1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="979" data-original-width="1600" height="195" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAjTTTeS4SZ5oopyyXsppeIMNlQsiBu4IiVdOZd8wVCD1V2rfNZJOJArBpflloHzZQ1hIT1OH6UHqYmlriQrgclLBOqVgtzHbLbFQ4mvhaxOZR5ZEPihBlO3Snt3YAKms6jE5h/s320/cieloImmagine1.png" width="320" /></a></div>
FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-6035005376696475192018-12-19T17:47:00.000+01:002018-12-19T17:47:03.714+01:00a prestosono le 9.30 e devo fuggire da questa silenziosa biblioteca - dove da un po' di tempo mi rintano dalle 8.15 alle 9.30 per lavorare al mio progetto - ed andare in ufficio e mi dispiace.<br />
<br />
starei tutto il giorno a lavorare, pensare, creare pensieri, racconti, idee formative, progetti per incontri, testi per il sito.<br />
invece devo staccare, interrompermi e reimmergermi nella realtà dell'ufficio.<br />
ma ormai il filo rosso che mi attraversa è forte, l'intenzione, la spinta, l'entusiasmo, la certezza che sarà un bel viaggio, ormai è grande.<br />
<br />
oggi tornerò qui per costruire il mio castello.FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-58736097504489291402018-12-19T17:38:00.000+01:002018-12-19T17:38:41.210+01:00<a href="http://1.bp.blogspot.com/-mFqYDDnu4j8/T5FTsjjHITI/AAAAAAAAAC0/ZNlGnVydgLc/s1600/lezionidibarba.bmp"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5733455825541210418" src="https://1.bp.blogspot.com/-mFqYDDnu4j8/T5FTsjjHITI/AAAAAAAAAC0/ZNlGnVydgLc/s200/lezionidibarba.bmp" style="cursor: pointer; display: block; height: 154px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 200px;" /></a>
<br />
amore mio, ti ho fra le braccia e già sento la nostalgia di quando ti avevo tra le braccia, guardo il tuo sguardo fisso sul mio viso e già sento il dolore di quando volgerai lo sguardo altrove, per farti la tua vita, per vivere la tua vita, per cercare la tua vita.
<br />
chissà che uomo vedono i tuoi occhi, chissà FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-76493851276761699642018-12-19T17:02:00.000+01:002018-12-19T17:18:33.340+01:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/sa0dntPGr-4/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/sa0dntPGr-4?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
IL SOLCO</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Adesso,</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
che ho terminato il saluto</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
amando e onorando </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
ogni tua carezza</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
aspettando e onorando</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
ogni tuo dono</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
odiando e onorando </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
ogni tua miseria</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
adesso,</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
seguirò il mio solco</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
che ho amato come una carezza</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
aspettato come un dono</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
e odiato come una miseria.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Grazie delle carezze</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
dei doni</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
e delle miserie.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Grazie del solco</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
il tuo solco</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
dentro di me.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<br />FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-59810277362308355772015-05-10T23:59:00.000+02:002015-05-10T23:59:59.246+02:00Ravano, torneo di pallone.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7LB21nG4KGQ_0W3LY04e1jVjv3b1jAJLcRSr3mefMOhG58vZix87suQDp6a3muKT8p2-ZGf-Ob-xoAmJksFd9tOs5bgyKI_z0W1Ju6ziJlPICGFXfURPOrlodeJ3LdDMnAFfY/s1600/ravano.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7LB21nG4KGQ_0W3LY04e1jVjv3b1jAJLcRSr3mefMOhG58vZix87suQDp6a3muKT8p2-ZGf-Ob-xoAmJksFd9tOs5bgyKI_z0W1Ju6ziJlPICGFXfURPOrlodeJ3LdDMnAFfY/s320/ravano.jpg" width="320" /></a></div>
Io il calcio l'ho amato. Tanto. Vivevo per correre, calciare, sognare, combattere, esultare, abbracciare, incavolarmi, soffrire, allenarmi, discutere con l'arbitro, conquistare allenatori, fare gruppo coi compagni, scegliere le maglie, migliorarmi, fare a botte coi difensori per poi stringergli la mano alla fine, giocare senza un pubblico ma per quel poco pubblico, senza guadagnare una lira e quando c'era, usarla per pagare da bere ai vecchi compagni di sempre.<br />
35 anni con la testa che funzionava bene solo se potevo correre dietro a qualcosa che rotolava e combattere. <br />
Poi ho smesso di giocare ed è cambiato tutto. <br />
Non c'era più un pallone da inseguire ma solo partite da guardare, tifo da fare, trasmissioni noiosissime da sopportare, cori aggressivi da ascoltare, cultura della scorrettezza da subire.<br />
L'amore stava finendo, poi sono arrivati i figli. Il primo, Samu, col mio stesso fuoco sacro e vai di scuole calcio. Dirigenti mediocri, genitori miseri, allenatori scadenti. E l'amore è sparito.<br />
Da anni lo seguo ma non vado a vedere una partita di calcio, vado a vedere lui. Mi interessa solo di lui. Come si muove, come si comporta, come impara, come si relaziona agli altri, all'allenatore, all'arbitro. Se fa gol. Se gioca bene. Il resto mi dà fastidio.<br />
Mi dà fastidio la tensione che trasuda da ogni personaggio che fa parte di questo mondo. Ragazzini tesi, controllati a vista e irregimentati dentro a schemi efficaci ma noiosissimi, allenatori ossessionati dai risultati manco fossero dei campioni, genitori che fanno tutto tranne che i genitori e offrono spettacoli orrendi.<br />
<br />
Passano gli anni e ieri arriva l'invito a vedere una partita del Ravano giocata dal mio secondo figlio, Alessandro, con i suoi compagni di classe. Lui gioca a rugby e con i piedi non è proprio aggraziato. Però nel cortile della scuola gioca con passione, con due cartelle a far da pali, senza regole, allenamenti e genitori a rovinare tutto.<br />
La squadra della sua classe, gli "arancioni", è scarsotta. Uno è lento, l'altro è basso, l'altro cicciotto, l'altro estroso ma casinista, l'altro sarebbe bravo ma predica nel deserto. Loro giocano, si impegnano, se sbagliano ridono, se gli riesce qualcosa si danno pacche sulle spalle. Non litigano e prendono un po' di goal. Però sono felici, per una volta tutti insieme, con la maglia uguale, su un campo vero. Noi genitori, costretti a fare improbabili cori "arancioni, arancioni", con mamme che non sanno in che porta si deve tirare e nonni che sono li perché sono di turno.<br />
<br />
C'era una bella atmosfera ieri al Ravano; c'era l'aria buona che si sente quando si gioca a pallone. Ecco, il Ravano è un torneo di pallone. Il calcio li non c'entra. E' questo il suo segreto. Ed io ieri ho scoperto che non è mai morto il mio amore per il pallone. Io ho sempre giocato a pallone e quando ho smesso non mi è rimasto altro che il calcio, che, diciamocelo francamente, troppo spesso fa schifo. <br />
Il pallone invece è uno spettacolo meraviglioso. W il Ravano, torneo di pallone per bambini sorridenti.FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-2459650916781761132014-11-06T01:40:00.000+01:002018-12-19T17:20:24.248+01:00l'amore esiste solo se si muove<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/Smz7dnpxKc0?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<br />
Stasera abbiamo lottato amore mio.<br />
Io con tutta l'energia dell'amore, con tutta la forza di chi ti vuol fare sbocciare, con tutta la rabbia di chi vuole averlo detto, averlo fatto, averlo pensato, averlo trasmesso, perchè l'amore non è nulla se non è detto, fatto, pensato e trasmesso. L'amore esiste solo se si muove, se si vede, se si agisce, se si libera. Il resto sono sogni e pensieri, che non danno né calore né rabbia. Stanno zitti e non servono a nessuno.<br />
Tu eri li, a gestire i tuoi pochi anni, quella meravigliosa matassa che ti riempie, ti sgorga e a volte ti intasa. Fili di vita ancora da tessere, aggrovigliati e in disordine ma meravigliosamente colorati ... che noi grandi abbiamo tutto il bianco di qua e il nero di là ed i colori tutti in ordine ed un po' sbiaditi, mentre voi avete tutto assieme tutto attorcigliato e i colori scintillano e, nel disordine, sono una meraviglia.<br />
Di qua la mia voce a incitarti, a sgridarti, a incoraggiarti e a veder bene di non compatirti, che ho sempre paura di aver fatto già tanti di quei danni che mi tremano le gambe; di là i tuoi occhi di bimbo pieni di lacrime silenziose a sgorgare su uno sguardo serio e orgoglioso da grande che quell'incitamento lo avrebbe voluto raccogliere, la sgridata la condivideva, l'incoraggiamento lo gradiva, ma .... mi rendo conto ....non si può perdere l'onore così.<br />
<br />
Tutti e due fieri a giocare la propria partita, cazzutamente avvinghiati al nostro ruolo. Fino all'ultimo.<br />
E alla fine sconfitti. Tutti e due. Esausti. <br />
Tu per non essere riuscito a raccogliere la mia energia, io per non essere riuscito a fartela sgorgare.<br />
<br />
Niente punizione stasera amore mio, che sappiamo tutti ci sarebbe voluta.<br />
La tua fatica mi è bastata a sentirti vivo. La mia, spero, ti abbia detto, fatto, trasmesso, l'amore mio per te.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivR0F_6ir8ypyaaE03Z577H98yONV6ZgpKE3p1bObkwZ0hd00LEafe2vbhXqx9dV89gu0E_nfeC8MODQTvkkp5Ih61iPXWIeDqkqi0ZkfP7THhJ6nyhA0GYccKvJKGHPwKDLtB/s1600/thCADNHBT5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivR0F_6ir8ypyaaE03Z577H98yONV6ZgpKE3p1bObkwZ0hd00LEafe2vbhXqx9dV89gu0E_nfeC8MODQTvkkp5Ih61iPXWIeDqkqi0ZkfP7THhJ6nyhA0GYccKvJKGHPwKDLtB/s1600/thCADNHBT5.jpg" /></a></div>
FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-63091736620300231362014-10-12T02:28:00.001+02:002018-12-19T17:20:40.452+01:00la mia vita nelle vostre tasche<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<object class="BLOGGER-youtube-video" classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=6,0,40,0" data-thumbnail-src="https://ytimg.googleusercontent.com/vi/YbrB3_7L_ZE/0.jpg" height="266" width="320"><param name="movie" value="https://youtube.googleapis.com/v/YbrB3_7L_ZE&source=uds" /><param name="bgcolor" value="#FFFFFF" /><param name="allowFullScreen" value="true" /><embed width="320" height="266" src="https://youtube.googleapis.com/v/YbrB3_7L_ZE&source=uds" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true"></embed></object></div>
Dormite, tutti.<br />
per terra i vostri vestiti, il divano sfatto dai vostri giochi, dalle vostre pose scomposte, dal vostro rotolarvi, inseguirvi, ridere, correre, saltare, che "non si corre sui divani" ma quando lo fate mi sembrate felici, mi sembra che siamo felici e che va tutto bene.<br />
Mi godo il silenzio, il tempo, il non essere chiamato, il non dover rispondere, controllare, riprendere, mettere a letto, lavare denti. Tutto finito, tutto fermo, tutto zitto.<br />
Tra poco verrò a letto anch'io, ma prima un po' di spazio per me, per la mia musica, i miei pensieri, i miei hobby, la mia vita. Che poi la mia vita siete voi, ma ogni tanto devo scappare a rincorrere ancora qualche parte di me o chissà dove ...<br />
Rassetterò, metterò a posto tutto, tirerò su i vostri vestiti che sanno di voi, che sanno di bestiolina, che vanno lavati ogni momento. Svuoterò le tasche dei vostri pantaloni per cacciare tutto in lavatrice e avrò la vostra vita in mano.<br />
Nelle tue tasche, Samumeoammor (Samuele 13) ci saranno i soliti bigliettini che raccogli a scuola, con le frasi segrete di chissachì, che chiede a chissachì se ama chissà chi altro e mi parla di come tu guardi il mondo, di come lo hai sempre guardato: in silenzio scrutando gli altri prima di fare qualunque passo, un silenzio intelligente, attivo, laborioso, nel quale ogni tanto ti scovo e ti sorprendo, facendoti aprire in un sorriso imbarazzato e furbo, che scopre i tuoi dentini da volpe e illumina i tuoi occhi da cerbiatto.<br />
Nelle tue tasche Alino (Alessandro 9) troverò qualche attrezzo raccattato in qualche posto proibito o rubacchiato tra le mie cianfrusaglie, che ti è sembrato necessario o indispensabile per una qualche misteriosa e fantasiosa impresa e mi parla di come la tua mente faccia già le giravolte spaziali sognando chissà quale eroica situazione, andando più avanti della realtà, sognando, fantasticando, immaginando, come faccio io, come ho sempre fatto io, come non smetterò mai di fare io e guardandoti non so dirti, amore mio, se questo tuo assomigliarmi ti renderà felice o infelice, apprezzato o criticato, amato o detestato, perché un uomo che sogna può essere tutto o il contrario di tutto. A volte fa paura, a volte fa volare.<br />
Nelle tue tasche Piti mattacchione (Francesco 4) troverò macchinine di ogni genere e poi pezzi di plastica, soldini che ti sembrano giochi, o giochini che ti sembrano oro perché il tuo mondo è ancora piccolo, vicino, immediato. Ma tu sei competente e sai perfettamente dove sono le tue cose, perciò riporrò tutto il tuo mondo plasticoso e colorato in un angolino così domani ne rientrerai in possesso e la tua meravigliosa vita-gioco continuerà senza interruzione, come è giusto che sia.<br />
Alla fine resterò li, in ginocchio davanti alla lavatrice, e mi sembrerà di avere tutto il vostro mondo in mano, e probabilmente, ancora una volta, se ancora ce ne fosse bisogno, capirò che proprio quello è tutto quello che ho. FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-21266541928696968752013-11-26T15:21:00.005+01:002018-12-19T17:21:51.114+01:00Avrò cura di te<br />
<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguWWTU6ElzIzkcIBWxJ1qx-cTUT8dUL9MQIeUn8Y-N7FFGxu4g9AjQbTwLmokC0cpcK7AN8YkVfML5nnddwLjevcwAcrcx_hP6CzumzVaI__yjyBqXjr4bZlLGjoDMyA1MXvLQ/s1600/image-1384895268618-V.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguWWTU6ElzIzkcIBWxJ1qx-cTUT8dUL9MQIeUn8Y-N7FFGxu4g9AjQbTwLmokC0cpcK7AN8YkVfML5nnddwLjevcwAcrcx_hP6CzumzVaI__yjyBqXjr4bZlLGjoDMyA1MXvLQ/s320/image-1384895268618-V.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
DEDICATO A SAMU (12)<br />
LA CURA (Franco Battiato)<br />
<br />
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, <br />
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. <br />
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, <br />
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. <br />
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore, <br />
dalle ossessioni delle tue manie. <br />
Supererò le correnti gravitazionali, <br />
lo spazio e la luce <br />
per non farti invecchiare. <br />
E guarirai da tutte le malattie, <br />
perché sei un essere speciale, <br />
ed io, avrò cura di te. <br />
Vagavo per i campi del Tennessee <br />
(come vi ero arrivato, chissà). <br />
Non hai fiori bianchi per me? <br />
Più veloci di aquile i miei sogni <br />
attraversano il mare. <br />
<br />
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. <br />
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza. <br />
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi, <br />
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi. <br />
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto. <br />
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono. <br />
Supererò le correnti gravitazionali, <br />
lo spazio e la luce per non farti invecchiare. <br />
TI salverò da ogni malinconia, <br />
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te... <br />
io sì, che avrò cura di te <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-62427479552530098972013-07-12T13:45:00.002+02:002018-12-19T17:22:15.316+01:00Dodici anni fa. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-98zZjxIemy0/Ud_rjwG4HqI/AAAAAAAAAWE/UmF7rLtZQfQ/s1600/scarpebimboz_000000000424070001_001.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-98zZjxIemy0/Ud_rjwG4HqI/AAAAAAAAAWE/UmF7rLtZQfQ/s320/scarpebimboz_000000000424070001_001.jpg" width="260" /></a></div>
<br />
Entra, appoggia una scatoletta sulla mia scrivania e sorride. Ha le labbra
tese, di solito non sorride così, sta trattenendo qualcosa. E poi, cos’è questo
pacchetto? Non è il mio compleanno, non ci sono date particolari … almeno, credo
… oddio, mi sarò mica dimenticato che è qualche anniversario!? Di colpo sbianco,
comincio a sudare, passo in rassegna i nostri ultimi quattro anni, compleanni,
fidanzamento, matrimonio, onomastico (ma se non l’abbiamo mai festeggiato!).
Oddio sarò mica San valentino!? … no quello è a febbraio … ossantateresa, sarà
mica la festa della donna (in quel caso che c’entrerebbe il regalo per me …).
Esito ancora un secondo. <br />
“Beh, non lo apri?!”.<br />
“Sì sì, è che stavo cercando di
capire”.<br />
“Aprilo, … scemo …”.<br />
Apro il pacchetto … un paio di scarpine da neonato. Omioddio, un groppo alla gola. Penso: ma non si fanno
queste imboscate!! non in ufficio, non mentre sono seduto alla scrivania e non
posso nemmeno alzarmi ad esultare, non posso urlare, non posso nemmeno
abbracciarti che sei li, aldilà della mia scrivania, non posso nemmeno piangere
che poi mi vedono tutti. <br />
Una voce dentro mi dice: “Fai qualcosa, dì qualcosa,
dai un segno di tutto quello che ti sta scoppiando dentro, emetti un suono, hai
appena saputo che aspetti un bimbo, una bimba, chissà. Dì qualcosa a tua moglie,
dille che sei felice, non fare il solito uomo che non mostra le emozioni,
esplodi, esplodi con lei, esplodi verso di lei, abbracciala, baciala, piangi,
ridi, fai qualcosa di giusto, fai qualcosa di insolito, ma anche qualcosa di
sbagliato che te frega, oppure salta, urla, alza le mani al cielo, canta,
chiedile se è vero, chiedile se è felice, chiedile come l’ha saputo, quando,
chiedile cosa desidera, un piccolino o una piccolina?, chiedile quando lo diremo
ai nonni, agli amici, a tutto il mondo, apri la finestra e urlalo a tutti in
strada, oppure taci che magari non vuole farlo sapere di là, prega, ringrazia,
dì che lo sapevi, che te lo aspettavi, che è il regalo più bello che hai mai
ricevuto (non le scarpine, s’intende), che non vedi l’ora di andare insieme a
comprare le cose per lui\lei, che farai tutto tu, che lei non deve preoccuparsi,
che lei deve riguardarsi, che lei non deve andare più in moto, che da domani
deve fare mille controlli e stare attenta a ciò che mangia, che alle ecografie
ci vorrai sempre essere, che sarai in sala parto che andrà tutto bene, che
vorrai essere un padre meraviglioso, che sarai un padre meraviglioso, che
cercherai di essere un padre meraviglioso”.<br />
<br />
Pare che, malgrado questa voce
avesse dato tutte queste indicazioni, io sia solo riuscito ad appoggiare il viso
sulle mani, sia scoppiato a piangere e sia riuscito a dire con un filo di voce:
“Sono felice”. Ma quello che è più incredibile è che questa pietosa prestazione
sia passata alle storie familiari con il seguente commento di mia moglie:
“Quando gli ho detto che aspettavamo un figlio, lui è stato meraviglioso”. FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-85964076477013435732013-06-11T01:51:00.007+02:002018-12-19T17:23:34.324+01:00Amore, ecco l'amore.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/mM6cLnscmO8?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<br />
Ecco, amore mio. Eccoti arrivato alle soglie dell'amore. Ecco i tuoi primi giochi, i tuoi primi sospiri, i tuoi primi passi nel mondo del cuore, nel mondo dei sogni, nel tuo mondo da regalare, nel mondo di un'altra persona, di una bambina, di una femmina, di una donna, da ricevere in dono. <br />
Ecco, amore mio, da oggi tu non sarai più solo dentro di te, dentro di noi, dentro la tua casa, dentro i nostri discorsi, dentro le nostre cose, le nostre frasi, le nostre regole, le nostre idee. Da oggi, amore mio, sarai anche altrove, perché non c'è nulla che porti altrove quanto l'amore. Non è dove si vive, dove si mangia, dove si dorme, che si è. Si è dove c'è il nostro cuore.<br />
Ed io sono qui, di fronte alla tua vita che si dischiude di fronte all'amore e mi chiedo se sono capace di spiegarti che cosa sia l'amore. E mi sento inquieto perché non sono sicuro nemmeno se so dirti se l'ho mai conosciuto l'amore, o se invece non ho vissuto d'altro, se sono stato bravo a viverlo, a capirlo, a raccoglierlo, oppure l'ho gettato alle ortiche, se l'ho onorato o maltrattato. Non lo so. Vorrei essere un monolito senza crepe e poterti dire solo cose certe, chiare, sicure, forti, serene, ma non è così. <br />
Chissà se l'ho capito questo Amore, se l'ho sentito, vissuto, amato, bevuto, mangiato, divorato, masticato, sputato. Chissà.<br />
<br />
Dopo tanti anni, dopo tanti errori, cadute, risalite, sogni, incubi, feste, sorrisi, baci, corse e pianti, obiettivi raggiunti, pericoli scampati, scelte, perdoni, impegno, distrazioni, fatiche e stanchezze, ci si sente così strapazzati da non sentire la certezza di saper spiegare al proprio figlio cos'è l'amore.<br />
<br />
Che se mi svegliassi nel sonno e me lo chiedessi ti direi che l'amore vero, quello puro, quello per cui metterei la mano sul fuoco, la mia vita davanti a tutto, per cui il mio cuore non ha mai esitato è stato quello per te, quello di padre, quello di papà.<br />
Che se me lo chiedi stasera che ripenso ai tuoi messaggi d'amore puro che hai scritto (e mi hai voluto mostrare) inventando tenerezze che nemmeno credevo fossero fiorite dentro di te, ti dico che l'amore vero, quello puro, è proprio quello che stai per conoscere, che stai per incontrare, che sta sbocciando dentro di te ed intorno a te, il primo.<br />
<br />
Ecco si, forse l'amore dà il meglio di sé e ci fa i doni migliori quando abbiamo lo sguardo che scruta l'infinito come fai tu oppure quando possiamo guardare la vita della nostra vita che fiorisce come sto facendo adesso io con te.<br />
Quello che c'è in mezzo è lotta, speranza, intreccio su se stessi, intreccio con altri e non si sa mai se si ama se stessi, se si ama l'amore, se si ama l'altro o se amare sia tutte e tre le cose. <br />
<br />
Ma per questo avrai tempo, amore mio.<br />
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<br />
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<br />FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-86689560181768311692013-04-04T02:04:00.001+02:002018-12-19T17:24:02.972+01:00Il papà aquila <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/eLdEdeheK34?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
<br />
<strong>Il papà-aquila, la sera torna a casa, con l'energia e la voglia che solo chi sa di avere molto da fare può avere.</strong> Ha tre cuccioli che lo attendono, che stanno contando le ore e i minuti per sapere quand'è che torna papà, e nemmeno capiscono tanto bene cosa ci sia poi di così importante da farlo stare lontano da loro tutto questo tempo, tutte queste ore. <br />
Il papà-aquila, la sera, torna a casa e sa che non può prevedere che cosa lo attenderà, perchè non sa e non può sapere, quale strategia si sarà inventato ognuno di quei tre piccoli cuccioli per vincere la gara per arraffare più coccole degli altri due, oppure per arraffare almeno le prime. <br />
<strong>Il papà-aquila appoggia il dito sul campanello ma si ferma un attimo per far mente locale e per prepararsi.</strong><br />
Il piccolo (2) potrebbe correre ad aprire la porta urlado "Apro me, apro me" e guai a chi si permette di aprire la porta al posto suo. Potrebbe lanciarsi a tutta velocità in un abbraccio appassionato, noncurante del fatto di essere alto proprio come alcune parti del corpo del papà-aquila che purtroppo non sono di ferro. Ma il papà-aquila sa sorridere e sa fare le feste anche se non ha più fiato e per di più ha anche imparato alcune mosse preventive per evitare proprio il peggio.<br />
Il medio (8) potrebbe invece rispolverare il suo grande classico della finta arrabbiatura, che consiste nel avvicinarsi alla porta e non appena lo sguardo del papà-aquila ha incrociato il suo far scattare un gesto di stizza, che so, il lancio di un oggetto, un calcio ad un divano, un tuffo a terra che assomiglia ad una straccionata, in modo che il papà-aquila, attento e vigile gli rivolga subito un'attenzione, una domanda di preoccupazione, una parola di conforto. <br />
Il grande (11) invece potrebbe sfoderare l'esperta mossa del giusto, mettendosi in scia al piccino (ed approfittando del papà-aquila piegato in due), potrebbe allungargli un bel bacino e cominciare ad enunciare la lunga lista delle cose giudiziosamente fatte, come compiti, ordine in camera, apparecchiamento tavola, così da comprarsi l'attenzione ammirata.<br />
<strong>Il papà-aquila sta di nuovo per suonare ma esita ancora perchè è abbastanza esperto per sapere che potrebbe invece essere tutto diverso e lui deve essere pronto.</strong><br />
Il piccolo potrebbe aver fatto dannare la tata sparando pappa dappertutto e strappando l'abum delle figu del medio, il medio potrebbe aver sclerato gettandosi nell'angolo del divano con dito lercio in bocca malgrado i suoi 8 anni, dimenticando ad arte di fare quei quattro compiti in croce che aveva promesso di fare, il grande potrebbe essere davanti alla play station con volume a palla, incurante del fatto che sta occupando la TV per i suoi comodacci e gioca litigando col medio senza badare alle lamentele della tata che con quel rumore non riesce a far mangiare il piccolo.<br />
<strong>Ora che il papà aquila è pronto suona.</strong> <br />
E' pronto a entrare e a veder la gioia ma è anche pronto a veder crollare in un attimo tutti i sogni fatti in quel breve viaggio di rientro dall'ufficio nel quale ha immaginato il meglio ma che potrebbe invece averlo condotto verso il peggio.<br />
Perchè il papà-aquila quando i suoi cuccioli sono vicini deve essere pronto a volare alto per dare la direzione del cammino (che a volte la direzione va data stando lontano), ma deve essere anche pronto a scendere a terra (che a volte il suo volo forte e sicuro non basta per farsi sentire, per dare sicurezza, ma serve il calore delle sue piume, la protezione delle sue ali). E poi il papà-aquila sa che per ogni cucciolo occorrerà un linguaggio, perchè ogni cuccciolo ha occhi diversi, orecchie diverse, umore diverso, sensibilità diversa e <strong>quello che è efficace per uno può essere impreciso con l'altro e sbagliatissimo con l'altro ancora</strong>, e sa pure - il papà-aquila - che quello che a 11 anni si capisce, a 8 anni si ha bisogno di sentirlo dire e a 2 anni si ha bisogno di sentirlo sulla pelle. <br />
E così ci sarà bisogno di sguardi, di parole e di mani, ci sarà bisogno di intesa, di spiegazioni e di coccole. Ci sarà bisogno di un papà-aquila che dall'alto cerchi di vedere tutto questo e che poi scenda per cercare di dare e prendere tutto ciò che sembra necessario. <br />
Ci sarà bisogno di energia, di attenzione, di occhi che vedono, di testa sgombra, di forza, di coraggio, di pazienza. <br />
<strong>Insomma ci sarà bisogno di un miracolo.</strong> Un miracolo che non sempre avviene, perchè ci sono sere in cui il papà-aquila, quando suona alla porta, crede di essere pronto per tutto questo, ma non lo è.<br />
<br />
Allora, quella sera, quando tutti dormono, il papà-aquila scende dal cielo ed appoggia il viso su ciascuno dei suoi cuccioli ed ascoltando il respiro del loro sonno tranquillo, <strong>chiude gli occhi e confessa</strong>.<br />
Confessa di averli visti quegli sguardi di richiesta di attenzioni, di averli capiti quei gesti che desideravano solo attirare l'attenzione, di averla sentita quella calda necessità di coccole nascosta dietro il capriccio, ma di non aver avuto la capacità, l'energia e la forza per raccoglierli per restituire il gesto d'amore che sarebbe servito. <br />
<br />
Ecco amori miei, adesso il papà-aquila è sceso, adesso è qui, speriamo che valga, speriamo che si senta, spreriamo che mi sentiate. Buonanotte.FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-11576847567665552632013-03-27T01:28:00.000+01:002018-12-19T17:24:21.526+01:00Coccodrilli e baci<br />
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<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/qqlp61gt1q0?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
Ci sono cose che un figlio non deve sapere. <br />
Che mica tutto quello che decidono i genitori deve essere spiegato! Eccheccavolo, vabbè la trasparenza, vabbè l'educazione condivisa, vabbè la pariteticità, vabbè tutto, ma certe cose no. Certe cose vanno lasciate lì, a mezz'asta, dette e non dette, che mica abbiamo sempre voglia di far passare al setaccio tutti i motivi delle nostre decisioni.<br />
Così stamattina, mentre mi facevo la barba, ho atteso come un coccodrillo che Samu (11) commettesse un errore, il più banale, per sentenziare: "Stasera dal nonno non ci vai". <br />
"Non me ne importa niente che quando c'è una partita "è un rito" andare dal nonno, e neppure che te l'ha promesso e gliel'hai promesso. Il fatto è che non si parla così alla mamma appena svegli e anche se ci si sveglia con l'umore inverso non è bello che in casa ci sia uno di noi che tratta male gli altri di prima mattina.<br />
Già ieri sera con la questione della valigia da fare per il week end a sciare invitato dal tuo amichetto mi hai fatto inversare l'umore, che sembra tutto dovuto, che ti comporti come un principino, che fai tanto lo sbruffone ma poi quando c'è da dimostrare di essere indipendente, sei li a lamentarti che non trovi tutto fatto".<br />
"Fede, che c'hai stamattina?" (moglie).<br />
"Non ho niente". ... che certe cose nemmeno alle mogli vanno dette, sennò poi scoprono i tuoi nuovi punti deboli e sei fritto.<br />
<br />
Ho che questa settimana lavorerò tanto e tornerò tardi la sera e vedrò i miei piccoli troppo poco. Ho che oggi è già Martedì e se domani pomeriggio Samu parte e sta via per tutto il fine settimana, io non lo vedo per un sacco di giorni. Ho che se almeno stasera non ce l'ho vicino mentre mi guardo la partita, e non me lo posso un po' coccolare, e non posso un po' sentire i suoi commenti appassionati su Balotelli ed El Sharawy e non posso vederlo sorridere raggiante ad ogni azione dell'Italia, so già che mi mancherà l'aria per tanti giorni. Ho che se stasera non faccio la scorta di Samu, io sento che mi mancherà troppo. Ho che quindi stasera a calcio lo vado a prendere io, come un innamorato che vuole vedere ad ogni costo il suo amore e mendica ogni istante della sua presenza. Ho che ho voglia di vedermelo arrivare incontro per portarmelo a casa e pregherò che arrivi su dalle scalette del campo con un sorriso e non con il broncetto incavolato perchè gli ho fatto saltare il programma col nonno. Perchè stasera ho bisogno del suo sorriso, dei suoi sorrisi, dei suoi occhi da cerbiattino, dei suoi capelli a spazzoletta perchè devo farne scorta, che poi lui parte e ogni volta che lo fa già mi fa capire che lo rifarà, e lo rifarà sempre più spesso, perchè sta diventando grande e diventerà sempre più grande, ed io non sono pronto, non mi sento pronto, forse non lo sarò mai.<br />
<br />
Ecco cos'è che un figlio non deve sapere. Perchè quando un figlio parte bisogna che senta lo slancio dell'incoraggiamento e non la malinconia dell'assenza. <br />
Magari quella la vede, la capisce, la sente, ma la tiene per sè, ... che certe cose un papà non le deve sapere.FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-59245643437252269522013-03-20T22:24:00.002+01:002018-12-19T17:25:52.837+01:00Sorrido al mondo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.youtube.com/embed/TrihCT8t4E8?feature=player_embedded' frameborder='0'></iframe></div>
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<div class="testo" style="float: left; text-align: left;">
<em>A volte io mi fermo / qualsiasi cosa faccia / un piccolo pensiero si stacca da me / lo vedi trasparente / alzarsi sopra i tetti / sfruttare le correnti / per raggiungere te / e non ha bisogno di sapere / dove andare <br /><br />Io faccio / la vita / di sempre / ma in ogni gesto metto il tuo ricordo / sorrido al mondo / aspettando un giorno / di riaverti accanto / e parlo / con te / ogni sera / e ti racconto che qui è primavera / che ho molta cura di me stesso / e quel che mi hai dato tu <br /><br />Spesso mi fermo al mare / c'è ancora poca gente / non faccio quasi niente / mi siedo e resto lì / ma nel segreto di un silenzio / ti sto chiamando <br /><br />Io guardo lontano / più forte / da qualche parte so che mi risponde / un tuo saluto / e il tuo ricordo si fa spina nel fianco / e parlo / con te / ogni sera / di piccoli progetti senza fretta / spalanco il cielo / è luna piena / e stasera vengo da te </em></div>
FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-29083477751308557822013-03-18T00:30:00.002+01:002018-12-19T17:26:36.813+01:00La nonna americana<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<object class="BLOGGER-youtube-video" classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=6,0,40,0" data-thumbnail-src="http://img.youtube.com/vi/XGNxg_dB3j4/0.jpg" height="266" width="320"><param name="movie" value="https://youtube.googleapis.com/v/XGNxg_dB3j4&source=uds"><param name="bgcolor" value="#FFFFFF" /><param name="allowFullScreen" value="true" /><embed width="320" height="266" src="https://youtube.googleapis.com/v/XGNxg_dB3j4&source=uds" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true"></embed></object></div>
<br />
Lo so, avrò nostalgia di questi giorni, di questi anni, di questa mia età, di questa vostra età.<br />
Dopo giornate come queste, dopo week end come questi, dove vi ho avuti addosso, a letto, di fronte a mangiare, di fianco a fare i compiti, sopra a fare la lotta, sotto a tagliare i capelli con la macchinetta, nella stanza a fianco a far troppo rumore perchè io potessi riposare, o a fare ridicolamente piano per permettermi di finire una telefonata, ma invece eravate rumorosissimi e scemissi a ridere urlandovi sottovoce "Shhhhhhhhhh piano che papà è al telefono", dopo che ho preso acqua e freddo per guardare una zuffa tra bimbi che avrebbe dovuto sembrare una partita di rugby under 10 e dopo che ho preso altrettanta acqua e altrettanto freddo per assistere ad una zuffa tra genitori che avrebbe voluto assomigliare ad una partita di calcio under 12, dopo che ho fatto una doccetta con shampoo e balsamo a un cinghialetto sgusciante, con phon e pulizia orecchie che è sembrata una lotta per poi ritrovare il suddetto cinghialetto felice di nuovo sotto la doccia con i fratelli grandi a ridere dello scherzo che mi aveva fatto. Dopo tutto questo e molto altro ancora, mi resta addosso una felicità mista a malinconia che sembra la somma della gioia di avere avuto tutta questa meraviglia da vivere e avere la sensazione che sta passando e presto sarà un ricordo e forse un giorno sarà uno di quei ricordi che mi aiuterà a vivere sorridendo. <br />
Ora che dormite, nelle vostre camerette ripulite da tutti i giocattoli rotti, da tutti i vestiti piccoli tolti dai cassetti, dalle centinaia di oggetti strampalati nascosti con attenzione negli angoli più nascosti dell'armadio "Così mio fratello non me li prende", e dopo mille contrattazioni per capire se davvero l'oggetto rinvenuto era di un qualche valore affettivo o se non fosse una "rumenta" dimenticata e quindi cestinabile, mi ascolto questa canzoncina assurda ma felice che mi avete trionfalmente presentato sul ipad di casa e penso che mi ricorderà per sempre la vostra gioia, la vostra acerba freschezza, la mia vita felice, la nostra vita felice.<br />
Ora che dormite, posso finalmente scrollarmi di dosso la rabbia per quello che mi ha disubbidito, per quell'altro che mi ha risposto o per quall'altro ancora che sta diventando un bel caratterino e ad ogni "no" fa volare la prima cosa che gli passa per le mani. Ora che dormite, posso togliermi il cappello da papà che deve tenere il punto, e mi lascio pervadere da questa gioia malinconica che mi fa sentire come quelle nonne americane vestite di celeste che passano le sere a piangere guardando le foto dei figli attaccate alle pareti.<br />
<br />
Sdolcinato e languido, così senza ritegno. Ma si, che me frega ... tanto il mio blog ancora non lo leggete.<br />
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Ora che dormite e mi avete regalato, senza saperlo, un altro mattoncino da mettere nella mia vita felice, sto qui a sentire e risentire questa canzoncina fresca e gioiosa per cercare di fissare nella mente e nella memoria tutta questa felicità che siete e mi date, per non ritrovarmi un giorno a pensare di non aver capito fino in fondo l'immensità di tutto questo, per non aver vissuto fino in fondo questi momenti unici, per non aver capito, che la vita è adesso.<br />
........ ecco, ci mancava Baglioni. Toccato il fondo, posso andarmene a letto, va. FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-25228648584023646352012-12-16T23:28:00.001+01:002018-12-19T17:27:31.505+01:00Le braccia tese<iframe allowfullscreen="allowfullscreen" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/KNK6ycMm1YU" width="420"></iframe><br />
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Il mio piccolino (2) aveva un ciuffetto argentato sulla testa, tenuto su con una molletta, una maglietta bianca sporca di sugo un po' corta dalla quale spuntava la sua panzetta da camionista ed un paio di alucce bianche e argento sulle spalle che dio solo sa come abbiano fatto a mettergliele e a non fargliele strappare dopo mezzo secondo.<br />
Conciati come lui, tutti gli altri bimbi del nido, con la faccia attonita da recita, stupiti dal giorno di festa, stupiti da tutta quella gente e forse anche un po' stupiti di essere stati conciati così. Mio figlio - soprattutto - sarebbe stato più adatto vestito da boscaiolo, oppure da uomo delle caverne, oppure da spazzacamino. Da angioletto, francamente, non ha le fisique du ròle. Ma il colpo d'occhio è bello, i bimbi felici, le maestre bravissime.<br />
<br />
Da questa parte mille genitori urlanti, salutanti, sghignazzanti, preoccupanti, raccomandanti, commentanti, sopportanti. Amore sono qui, tesoro sono arrivato, stellina eccomi, papà arriva fra poco, la mamma non viene, guarda là che c'è il nonno, non guardare qui, ascolta la maestra, non ti fare riconoscere obbedisci, togli le dita dal naso, ma non sarà leggera solo con la maglietta, stai più in là che c'è corrente, vai al centro che faccio il filmino, sorridi un po', ci stai fermo un attimo.<br />
Genitori allegri, genitori scazzati, genitori un po' e un po', genitori ironici per giustificare il troppo scazzo e la poca allegria, genitori trafelati arrivati di corsa come per timbrare il cartellino in tempo, genitori al telefono con l'altro genitore: ma dove sei!? ti avevo detto le 16 non le 17!.<br />
<br />
In mezzo a questo circo, io. Non posso pensare altro che a lui, 38 anni, lo conoscevo poco, conoscevo meglio la moglie ed i suoi 4 bimbi. Li avevo visti giocare nel giardino sotto casa. Avevo visto i loro occhi vivaci, felici, li avevo visti correre dietro ad un pallone, li avevo visti giocare col loro papà. avevo visto abbastanza per capire l'intesa, l'amore, la confidenza, la capacità di giocare insieme. Era un bel papà, un bravo papà. E quella mattina ha portato i suoi figli a scuola e poi, puff è finito su una nuvoletta, a fare l'angioletto anche lui, senza avvisare, senza salutare. <br />
In mezzo a questa festa, piena di gioia, di sorrisi, ma anche di fatica, di rincorse, di noia, di routine, penso solo a lui. Mi domando quanto oro darebbero quei quattro bimbi e quella moglie per vedere entrare alla recita quel bravo papà. Magari anche in ritardo, magari anche con lo scazzo, magari solo dopo una telefonata della mamma a ricordargli l'orario. <br />
Mi domando se la vita, quando ti porta via su una nuvoletta, ti lascia lo strazio di tendere le mani invano verso i tuoi figli oppure se - come dicono - ti regala una serenità ed una forza che ti fa sorridere ai poveri dolori di chi resta a fare i conti con il dolore e l'assenza. Mi domando se sopra la stanza della recita di quei quattro cucciolini, una stanza come quella del nostro asilo, c'erano le braccia tese di un papà angioletto che, disperato, cercava l'ultimo abbraccio d'amore, oppure se c'era il suo caldo abbraccio di presenza, di conforto. Mi domando se le braccia tese dei suoi quattro angioletti riescono a toccare qualcosa, qualcuno, almeno oggi che è il giorno che c'eri ma non ci sei più.<br />
<br />
Resto attonito in mezzo alla festa. vorrei fermare tutti e dir loro di non essere scazzati, annoiati, che è una fortuna, una gioia, un regalo che altri pagherebbero milioni, vorrei che tutti tendessero le mani, per sentire e farsi sentire.<br />
Piango e mi sento sciocco, che piangere ad una recita fa sembrare sciocchi, ma vedere mio figlio che si volta a cercarmi e mi sorride mi fa pensare ai quattro bimbi che vorrebbero potersi voltare e non lo potranno più fare. Allora piango. Sono lacrime da papà, non da amico, lo so. Ma oggi, che sei andato di corsa su una nuvoletta - caro Nicola - oggi che non riesco a capire se Dio mi sembra vicinissimo o lontanissimo, oggi hai insegnato a tutti i papà che ti conoscono e ti hanno conosciuto, a tendere le braccia verso i propri figli e a ripondere con uno slancio alle loro braccia tese.<br />
<br />
FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-14258782315773287202012-12-09T23:16:00.001+01:002018-12-19T17:27:50.346+01:00Ora l'ho capito.<iframe allowfullscreen="allowfullscreen" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/V9pNiBlXV_I" width="420"></iframe> <br />
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Questo week end vi ho detestati. Tutti.<br />
<br />
Ho detestato te, amore mio ribelle, che quando hai il diavoletto dentro non ti si può neppure catturare lo sguardo, che mi dici "si" ma chissà cosa pensi, chissà cosa hai sentito, chissà se mi hai sentito. Che mi implori di aiutarti a fare i compiti, poi quando ti chideo un bricciolo di attenzione, un attimo di concentrazione, un minuto di applicazione per imparare a capire il concetto e non appicicarti le regole a memoria, ridi, ridacchi, tiri a indovinare, vai per la tua strada. In quel momento hai le chiavi dei miei nervi, hai la leva del mio equilibrio. La sfiori e sono giù nel baratro, e la voce si alza, le mani fremono, la voglia di lasciarti li, solo nel mezzo del guado è irresistibile, tu solo con la maestra davanti ai tuoi quaderni vuoti, senza compiti, senza lavoro, senza aiuto, senza crescita, senza il frutto delle nostre fatiche, dei mille trucchetti per farti ragionare e capire, senza il tuo ordine a corrente alternata, i tuoi nove scritti malissimo, la tua grafia che può essere orrenda e stupenda. Ho detestato la tua dipendenza per i compiti che a 8 anni mi sembra eccessiva e la tua indipendenza nel farti scivolare sopra la mia sgridata, la più terribile che ti ho mai fatto, la più violenta, la più rabbiosa. Mi sono spaventato dei tuoi occhi mentre ti sgridavo e mi sono irritato e scompisciato per la sfacciataggine con la quale dopo pochi minuti dalla sgridata sei tornato quello di prima.<br />
<br />
Ho detestato anche te, piccolo essere grassottello, che ogni giorno mi sembri mostruosamente fuori misura per i tuoi 2 anni. Troppi kg per aver 2 anni, troppo energico per avere 2 anni, troppo grintoso per avere 2 anni, troppo indietro nel parlare per avere 2 anni, troppo scaltro per avere 2 anni, troppo simpatico per avere 2 anni, troppo prepotente per avere 2 anni. Ho detestato che tu non abbia dormito in auto durante il viaggio lamentandoti delle cinture e cercando di scendere dal seggiollino per mille volte, ho detestato che abbia escogitato ogni gioco che metteva a rischio gli oggetti più fragili della casa, che tu non soportassi di stare a casa quando non si poteva far diverso, che non fossi contento quando poi siamo usciti, che c'era qualcosa di incomprensibile che ti faceva continuare a rugnare. A mangiare mai fermo, sul passeggino mai calmo, a giocare solo dove c'era da sporcarsi o c'era pericolo. E poi stasera, per andare a nanna, che nessuno degli stratagemmi andava bene, il bibe si ma poi ancora agitato, le coccole si ma poi volevi scendere, le fotine sul cell e i fimlini sul cell di papà che ti fanno sempre ridere si, ma poi "ancoia, ancoia" e pianti perchè erano finiti.<br />
<br />
Ho detestato pure te, piccolo ometto dallo sguardo serio ed il cuore tenero. Quando hai pianto mentre sgridavo tuo fratello così forte che non mi avevi mai visto così arrabiato, ma poi non hai avuto nemmeno un guizzo, un fremito, un gesto di istinto che ti portasse da lui a consolarlo, che la mamma non c'era e certo non potevo farlo io. Mai che ti veda fare un gesto d'amore per lui, eppure so che lo ami ma farlo vedere sembra un disonore. E poi questa tua indipendenza, che ti ha fatto rimanere qui con i nonni, per l'ennesima volta, per poter giocare a pallone con la tua squadra e nemmeno uno sguardo che mi faccia capire che ti siamo mancati. Sei troppo grande, sei già così grande, hai solo 12 anni e già ti sento sfuggire via dalle mei coccole, dalla tua dipendenza da me, da noi, hai già la tua vita, i tuoi segreti, i tuoi rifugi mentali, sentimentali. Avrei voluto sentirti più vicino quando siamo tornati, avrei voluto parlarti della sgridata dell'altro giorno, essere rincuorato di esser stato così brusco, pessimo. Avrei voluto essere rassicurato di non aver fatto troppi danni, avrei voluto parlarti e sentirti parlare per capire che cosa avevano visto i tuoi occhi, sentito le tue orecchie. Avrei voluto che rimanessi con noi il week end per guardarti e capirlo. Invece sei stato solo, col tuo calcio, coi tuoi nonni, coi tuoi pensieri, a riorganizzarti le idee e il cuore, da solo, da grande.<br />
<br />
E poi ho detestato te, che mi fai fare questa vita di corsa, che mi hai regalato questa vita di corsa, con la quale ho costruito questa vita di corsa, che quando sono stanco mi sembra una sfacchinata orribile, quando sto correndo mi sembra una follia inutile, quando sono dentro il turbine mi sembra di essere un panno in una lavatrice. Detesto sentire che per essere felici bisogna correre, che per vivere bisogna solo e sempre muoversi, fare, inventare, mentre sarebbe così bello essere felici per quello che c'è, per come è, per come arriva. vorrei oziare, dormire, aspettare, guardare, camminare, lasciare che le idee vengano, che le giornate si inventino da sole, che scorrano rotolando distrattamente. Invece tutto è corsa, rincorsa, organizzare, prevedere, prevenire, preparare.<br />
<br />
E poi, adesso, che sfinita dormi, col grassottello che finalmente ha capitolato, con il diavoletto che ha trovato ancora mille stratagemmi per raccattare coccole, bicchieri d'acqua e goccine per il naso, e l'ometto che prima di addormentarsi mi ha finalmente detto che aspettava un po' di silenzio per raccontarmi i suoi 4 goals prima di dormire, ecco, ora ... non vi detesto più.<br />
Ora ripenso alla nostra giornata e sorrido. Sorrido perchè se la vedessi in un filmino super8 muto, riderei a crepapelle dei nervosismi, degli urli, delle sfuriate, dei capricci, delle stancate. Se penso al filmino in super8 della giornata di oggi, so che quel filmino è il filmino della vita, della felicità. Il filmino di una giornata di chi ha tutto e basta dargli un momento di respiro per guardarsi indietro perchè lo capisca. Io, ora, l'ho capito.<br />
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E' stato un week-end favoloso, amori miei.FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-34540082273599265162012-11-20T00:22:00.002+01:002018-12-19T17:28:10.059+01:00Una goccia per papà<iframe allowfullscreen="allowfullscreen" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/cNpCx_TDO24" width="420"></iframe><br />
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Ci sono notti che anche i papà hanno nostalgia, ma valla a speigare la malinconia ad un cucciolotto di otto anni che ti guarda come si guarda una roccia, oppure prova a giustificare una lacrimuccia ad un ragazzino di undici anni che ogni foglia che si muove vuole sapere il perchè ed il percome. Allora ben venga un cucciolotto di due anni, morbidissimo, assonnato, che vuole essere messo a letto ma vuole anche qualche parola, qualche vocina, qualche racconto, del quale godrà solo i rumori, le intonazioni, le faccette che il papà saprà inventarsi.<br />
Stanotte amore mio ti racconto un'altra avventura dell'ape dei sogni. Lo sai l'ape dei sogni dove vola questa notte? Questa notte l'ape dei sogni vola altissimo, così in alto che arriva sulla nuvoletta del nonno Aldo. <br />
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zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz<br />
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<em>Ciao nonno come si sta su questa nuvoletta morbida? Bene? che ridere che fai nonno, i tuoi capelli sono così bianchi che nemmeno si vedono in mezzo a questa nuvoletta soffice, i tuoi denti lunghi invece si, che tutti quei sigari che hai fumato e la pipa che rosicchiavi sempre, te li hanno ingialliti, spaccati, segnati. Ricordo ancora quel giorno che mangiando ne hai perso uno, dicevi che era stato l'osso della carne, ma stavi mangiando fegato, risero tutti, i nipotini, la nonna, la Rina che cucinava. Che bello che è quassù nonno. La nonna che ti amava e ti ama ancora, non ne può più di non vederti e sta laggiù ormai da cento anni e aspetta pazientemente di rivederti. Deve chiederti tante cose, raccontarti di questi 25 anni senza di te, nei quali è stata forte, simpatica, cazzuta e brontolona come non era stata mai. solo tu sapevi tenerla buona. Bastava un "taci Gina" e lei .... taceva. E poi deve dirti dei nipoti, che sono 6, quasi tutti maschietti. </em><br />
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Attento piccolo, l'ape si è rimessa a volare zzzzzzzzzzzz. Dove va quest'apina monella? Nooooo, sul nasone del nonno, accidenti Piti, si è posata proprio sulla gobbetta del nasone del nonno. Uhhhhh vediamo che succede. <br />
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<em>Ehi nonno che bel nasone. E questo dove lo hai trovato? Sei l'unico in famiglia ad averlo, ma come. Tua figlia, la nonna Tetè, non ce l'ha, la zia Franci nemmeno, papà Fede nemmeno, Samu e Ale no. Matti Giova e Chiaretta neppure .... aspetta un po' ..... fammi guardare in quella culletta giù a Genova ..... zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz, non mi dire ....... non mi dire che la tua gobbetta te l'ha rubata quel cicciottello di Piti zzzzzzzzzzzzzzzzzzz si si, qui c'è una gobbettina bella e buona zzzzzzzzzzzzzzz huhuhuhuhuhuh ma senti qui zzzzzzzzzzzz si si. Chissà se questa gobbetta gliel'hai passata tu o la mamma Marci, che anche lei un po' ce l'ha. </em><br />
<br />
Attenzione Piti, emergenza, l'ape vola ancora zzzzzzzzzzzzz e dove va? uhuhuhuhuhuh pericolo, si è appoggiata sulle mani del nonno. <br />
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<em>Ehi nonno lo sai che mi ha raccontato papà Fede che quando lo portavi ai giardini di Nervi aspettava con trepidazione di salire sull'autobus con te, per vederti arrotolare il piccolo biglietto rosa ed infilarlo sotto la vera. Avevi le mani grandi e secche e lui le conosceva solo per quando gli davi la mano negli attraversamenti stringendo un po' più del dovuto, o per quando passava le ore a guardarti giocare a bocce a Limone, col tuo straccetto giallo in una mano e le bocce a quadrettini piccoli nell'altra. Per il resto non le conosceva perchè tu non sapevi dare le carezze. Non te le avevano mai date e non le sapevi dare. Non sapevi nemeno dare i baci, e neppure prenderli. Tiravi un po' il viso in avanti e gli battevi frettolosamente una mano sulla testa. Per fargli sapere che lo amavi usavi gli occhi. Occhi che ridevano al suo arrivo, che lo seguivano in ogni corsa dietro ad un pallone, o ad ogni curva delle garette di sci. Occhi che vedevano sempre cose grandiose, belle, stupende, meravigliose. Occhi orgogliosi e ciechi di nonno innamorato.</em><br />
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zzzzzzzzzzzzzzzzz attenzione attenzione ......... l'ape vola ancora ......... emergenzaaaaaaaa ..... emergenza ....... l'ape si è impigliata, nelle sopracciglia folte del nonno. <br />
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<em>Ehi nonno fammi un po' vedere? Ma che cosa vedo? Una lacrima? Nooooooooooo nonno, che cosa c'è? Ah forse lo so. Me lo ha detto papà Fede che gli ultimi giorni che sei stato giù con lui, vi vedevate in quel giardino dell'ospedale. Lui faceva fatica a venire a trovarti, non perchè eri lontano, non perchè non avesse tempo, non perchè non fossi nei suoi pensieri, ma perchè sapeva già come sarebbe andata a finire e quel pensiero gli offuscava la mente, gli occupava i pensieri e non trovava le parole, non trovava un modo per riuscire a darti un po' di gioia. O forse aveva solo paura che tu capissi. O forse aveva paura e basta. Paura per te, paura di non averti più. Ogni volta che ti diceva "Nonno adesso devo andare", tu sorridevi e ribattevi frettolosamente la mano sulla sua testa, ma i tuoi occhi ti tradivano e diventavano lucidi. </em><br />
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zzzzzzzzzzzzzzzzzzz <br />
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<em>Aspetta un po' nonno, facciamo così. Facciamo che adesso io volo vicino al tuo viso e rubo una tua lacrima e la porto in dono giù a papà Fede, così sorriderà per tutti i giorni felici che vi siete regalati e a tutti i sogni belli che vi siete lasciati per le notti di questi 25 anni. </em><br />
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zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz <br />
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<em>Buonasera Papà Fede, ti ho portato una goccia da una nuvoletta bianca. </em><br />
<em>.... adesso puoi sorridere.</em><br />
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zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz.FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-66071321058152860212012-10-28T23:31:00.000+01:002018-12-19T17:29:54.441+01:00favolaquesta storia cominciò un giorno - un martedì grasso - quando un ragazzino scoprì che da quel giorno - e non era uno scherzo di carnevale - non avrebbe più visto i suoi genitori darsi un bacio, dormire insieme, svegliarsi insieme, partire insieme, abbracciarsi. <br />
passarono giorni, mesi, anni, di racconti ascoltati la sera sdraiato con papà sul suo letto vuoto per cercare di capire come mai fosse crollato il mondo, il loro mondo, il suo mondo e passarono giorni, mesi ed anni di racconti ascoltati di giorno, seduto con la mamma su un brutto divano per cercare di capire come mai fosse crollato il mondo, il loro mondo, il suo mondo. <br />
ma cosa c'è al mondo di così forte - si chiedeva il ragazzino - che ha potuto far crollare ciò che lui vedeva come un infinito amore fatto di carezze, attenzioni, sorrisi e baci? <br />
che cosa mancava al mondo - si intestardiva a domandarsi - per non permettere che un'unione profonda come quella della ruggine ed il ferro potesse continuare inesorabile? <br />
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passarono gli anni. i cuori smisero di lacrimare, le parole ricucirono, le mani si ritrovarono. <br />
papà e mamma trovarono un altro posto per il loro cuore ed il ragazzo imparò a guardare baci, risvegli, partenze ed abbracci di un'altra vita. <br />
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anni dopo ancora, tornò su quel letto a parlare del suo mondo di uomo che crollava e pianse su quel divano per i sogni di marito e di uomo che gli sfuggivano di mano e quando sfinito si addormentò, sognò. sognò un racconto - sussurrato a suoi orecchi come una frase d'amore - che parlava di mamma e papà che in segreto avevano continuato ad amarsi, vedersi, stringersi e baciarsi, sconfitti nel loro intento di voler estirpare la ruggine dal ferro. <br />
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l'uomo si rasserenò. <br />
scrisse due biglietti identici. <br />
ne lasciò uno sul letto e uno sul divano e continuò a vivere. <br />
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sui biglietti c'era scritto così: <br />
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<i>Ruggine e ferro <br />eravate e siete <br />ed io <br />che vedevo e so <br />sorrido <br />perchè di ruggine e ferro <br />vivo</i>FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-6627966691928077542012-10-28T23:25:00.001+01:002018-12-19T17:30:41.007+01:00CIAO ....<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-QGf8zvQo_jM/UI2wpqOAh8I/AAAAAAAAAFE/HatIEAfX1bM/s1600/les+%C3%A9coliers.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://1.bp.blogspot.com/-QGf8zvQo_jM/UI2wpqOAh8I/AAAAAAAAAFE/HatIEAfX1bM/s1600/les+%C3%A9coliers.jpg" /></a></div>
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Da quando ho i bimbi mi sono accorto che - con loro - non riesco più a salutare in maniera semplice. Non esiste più il "ciao" puro e semplice. Devo sempre aggiungere qualcosa, una postilla, un commento, un corollario, un consiglio, una raccomandazione, un vezzeggiativo, un imperativo, un'affettuosità.<br />
"Ciao amore, ricordati di ..." "Ciao tesoro, mi raccomando ...", "Ciao cucciolo, divertiti, fai il bravo, copriti, non prendere freddo, dai un'occhiata a tuo fratello, occhio ad attraversare .....".<br />
Quello che è peggio - poi - è che malgrado questa aggiuntina, il saluto mi sembra sempre insufficiente. Avrei voluto raccomandarmi un po' di più, verificare meglio se aveva capito, essere più rassicurante, più affettivo, meno mieloso, più fiducioso, ...... insomma più tutto e meno tutto.<br />
Ogni saluto, ogni piccolo o grande distacco, mi fa sentire come quando si consegnava un compito in classe e - tant'è - una sbirciatina, una rilettura la si dava ancora, così per sicurezza, oppure come quando ancora oggi si scrive una mail importante ed il cursore è già sul pulsante invia, ma prima di cliccare si aspetta un attimo, si riguarda tutto per controllare che no ci siano errori.<br />
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Poi, consegnato il compito in classe, inviata la mail, salutato il figlio che va via da solo, cominciano i piccoli rosicchi d'ansia.<br />
Saprà cavarsela da solo? saprà sopportare le sconfitte senza abbattersi, riconoscere i pericoli senza esserci già dentro, gioire delle fortune senza essere arrogante, difendersi dalle prepotenze senza esserne vinto?<br />
Saprà già vivere questo cucciolo di uomo che guardo attraversare la strada sulle strisce davanti alla scuola, come se guardarlo lo potesse proteggere per l'ultimo minuto prima che incontri la vita? Avrà già capito abbastanza dai nostri insegnamenti per potersi destreggiare tra le fila di tutti questi personaggi di cui la sua vita si sta popolando? Sarà già capace di aggiungere insegnamenti nuovi a quelli che tenacemente abbiamo cercato di dargli come patrimonio di esperienza? Sarò capace - questa sera - a spiegargli il significato di tutte le cose nuove che gli saranno capitate, sarò capace di valorizzare quelle giuste e allontanare dalla sua testa quelle sbagliate? Sarò capace di riconoscerle, quelle giuste e quelle sbagliate?<br />
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"Ciao amore, buonagiornata, ci vediamo stasera". (ecco vedete ...) FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-61962748385773518482012-10-05T13:20:00.002+02:002018-12-19T17:34:02.369+01:00Bernardo dice (1)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-h8gywTd-KaM/UG7BoGVpnjI/AAAAAAAAAE0/Qa0tbP_KCvI/s1600/L%27uomo+che+sogna.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-h8gywTd-KaM/UG7BoGVpnjI/AAAAAAAAAE0/Qa0tbP_KCvI/s320/L'uomo+che+sogna.jpg" width="231" /></a></div>
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(...) <i>La tua ferma volontà di mettere i tuoi passi laddove gli altri non riescono nemmeno a mettere il pensiero, fa di te - amico mio - l'uomo che sogna. </i>(...)</div>
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FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-59081821696799554172012-10-03T09:00:00.000+02:002018-12-19T17:34:37.910+01:00Sport violento o violenza nello sport?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-cd3rwUQVfBk/UGuLiAhnl8I/AAAAAAAAAEk/LGTib4c8AZQ/s1600/rissa-19-12-10.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" mea="true" src="https://2.bp.blogspot.com/-cd3rwUQVfBk/UGuLiAhnl8I/AAAAAAAAAEk/LGTib4c8AZQ/s1600/rissa-19-12-10.jpg" /></a></div>
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Oggi sugli spalti del secondo allenamento di Rugby di mio figlio (8) mi chiedevo: "<b>Cosa vuol dire <i>uno sport violento</i>?</b>.<br />
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<b>Nessuno vuole uno sport violento per il proprio figlio.</b> Si può temere che si faccia male, oppure si può temere che qualcuno gli faccia male, oppure che veda, impari ed interiorizzi atteggiamenti violenti o, ancora, che qualcuno sia violento con lui, non soltanto fisicamente.<br />
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Allora, nell'ozio degli spalti, mi sono venute in mente tre immagini:<br />
<b><u>la prima</u></b> quella vista praticamente l'istante precedente quando un bimbo, ben piazzato, ha atterrato mio figlio catapultandosi con la sua spalla fra le sue gambe facendolo cadere rovinosamente (ma con la palla ovale stretta fra le braccia);<br />
<u><b>la seconda</b></u> quella di domenica scorsa quando ho assistito ad una partita di bimbi del 2003 e ho dovuto subire il supplizio di un mister invasato che ha ragliato per tutta la partita, vomitando urli, insulti, lamentele, critiche ai bambini, critiche all'arbitro e altre bassezze, fino a che - per fortuna - la sua squadra ha vinto. Dopodiché ha salutato tutti cordialmente a fine partita, con un sorriso di scherno come dire: "sapete ... era la partita, ma ora che abbiamo vinto ... mi è passata";<br />
<u><b>la terza</b></u> quella di un paio di settimane fa quando il papà di un compagno del mio grande (11) ha blandamente, velatamente, insistentemente, educatamente- ma definitivamente - convinto suo figlio a giocare nella squadretta quotata dove era iscritto da due anni malgrado la richiesta del piccolo di andarsene visto che il nuovo mister e l'ambiente non gli piacevano più.<br />
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Finita la carrellata, il primo pensiero è stato che la <b><u>violenza molto spesso non è nel gesto atletico</u></b>, anche se tremendamente di impatto. Penso infatti di poter dire che in molti contrasti del calcio, in molti contatti del rugby, addirittura nei colpi della boxe (l'elenco di esempi potrebbe essere infinito) non c'è violenza. Intendo dire che l'idea che sta dietro a quei gesti non ha finalità violente o, cosa ancor più importante, non sono gesti che l'atleta fa per sfogare un suo istinto violento (quando succede il gioco si ferma e c'è la sanzione).<br />
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Penso invece che sia più facile trovare la <b><u>violenza nella cultura</u></b> che uno sport propone e propugna. Se in uno sport il dio è la <i>vittoria</i> <i>con qualsiasi mezzo</i>, allora ci saranno sempre mister che abbaiano in panchina, genitori che si azzuffano sugli spalti e bambini stressati che piangono quando perdono e non si divertono. <br />
Dietro agli urli di un mister invasato o nelle parole striscianti di un padre manipolatore c'è - sotteso e palpabile - un messaggio violento. <br />
Nel mister che abbaia, <b><u>violenza nei confronti dell'amor proprio dei bambini</u></b> che spesso per compiacerlo, piacergli ed accontentarlo vanno alla ricerca dei peggiori istinti che riescono a trovare dentro loro stessi o <u><b>attingendo ai peggiori esempi reperiti nell'ampio mercato televisivo e sportivo</b></u>. Ci vuole poco perchè si insinui in un ragazzino il concetto per cui: "<i>Se mi butto in area e mi danno un rigore magari vinciamo, se do una calcione al più bravo degli altri magari lo intimorisco e gioca peggio, se meno gli avversari la prossima partita l'allenatore mi fa giocare perchè sono un duro</i>". <br />
Nel padre strisciante, la violenza sta nel <b><u>non voler dare ascolto a precise e argomentate richieste di un figlio</u></b> il quale per compiacerlo, piacergli ed accontentarlo mette in cantina le sue priorità e sensibilità, costretto a vivere la vita che quel papà ha ipotizzato per lui senza verificare l'esattezza della scelta. Ecco allora affiorare nel bimbo pensieri come:"<i>Se lascio questa squadra ti deludo, se resto in questo club non ti arrabbi che so che ci tieni tanto, forse quello che desidero io è sbagliato</i>".<br />
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Quindi mi sembra di poter concludere che - forse - <u><b>non è corretto di parlare di sport violenti, ma di violenza nello sport</b></u> e - guarda caso - la violenza è sempre accompagnata da ignoranza e impreparazione. <br />
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Purtroppo sulle panchine del calcio giovanile spesso permettiamo che siedano persone che non hanno la minima preparazione e la minima cultura pedagogica. <br />
Malgrado questo, anche quelle scuole calcio hanno la fila di genitori (miopi e impreparati anche loro) che vogliono iscrivere i loro bambini.<br />
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Bene, finiti questi bei pensieri, adesso devo trovare una bella spiegazione plausibile da raccontare a mia moglie, visto che mio figlio ha finito l'allenamento con un bel livido sulla coscia destra. Però è felice.<br />
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<br />FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-38687995693232832602012-10-02T09:00:00.000+02:002018-12-19T17:35:41.999+01:00Per il Rugby ci vuole il fisico<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-rP5grXoqnnE/UGi4pIsLpUI/AAAAAAAAAEU/HM8da4qWMDE/s1600/rugby.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" kea="true" src="https://2.bp.blogspot.com/-rP5grXoqnnE/UGi4pIsLpUI/AAAAAAAAAEU/HM8da4qWMDE/s320/rugby.jpg" width="320" /></a></div>
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Coronando il sogno della mia vita di genitore di tre maschi (11,8,2) l'altro giorno ho varcato la porta della Decathlon e ho pronunciato la seguente frase: <strong>"Scusi, la roba da rugby per bambini dov'è?". </strong><br />
Io non so quante volte ero passato davanti a quegli scaffali provando un profondo senso di invidia. Invidia in tutti i sensi: intanto perchè la roba da rugby è infinitamente più bella di quella da calcio, poi perchè vedendo certe divise elasticizzate e rinforzate ho sempre pensato che per potersele mettere senza sembrare dei camionisti a fine carriera, bisognasse avere un fisico bestiale, e i rugbysti hanno un fisico bestiale, ma soprattutto perchè <strong>il rugby è sempre stato il mio sogno in termini di educazione sportiva, di valori trasmessi ai ragazzi, di eccellenza in tutta la filosofia che l'intero movimento propone e sostiene.</strong><br />
Ora che mio figlio Alessandro (8), dopo una semplice lezione di prova, ha sentenziato che vuole iscriversi al CUS Genova Rugby, non me la voglio perdere l'occasione di entrare in questo mondo e quindi tutti i mezzucci da padre rinforzante sono scattati. <br />
"Amore, non ti servirà mica un caschetto e un paradenti per la prossima lezione? Facciamo mica un salto da DECATHLONNNNNNNNNNNNNNNNNNNN?" (parola magica da enfatizzare sempre).<br />
"Si papiiiiiiiiiiiii, e mi servono anche le scarpe, le calze e anche una maglietta".<br />
"No, calma, le scarpe sono quelle da calcio e la roba per ora va bene quella che hai, comunque andiamo".<br />
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L'inserviente è gentile, anzi gentilissimo e io - ormai intrippato - penso già che sia merito del rugby, che il <strong>rugbysta è educato quindi ben voluto</strong>, il calciatore invece è maleducato quindi gli avrebbero risposto "guardi un po' là, si scelga la roba da solo".</div>
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Lui invece ci accompagna, poi prende un caschetto della misura giusta, lo spacchetta, lo prova ad Ale, il quale - come se fosse stato toccato dalla corona magica - comincia a dimenarsi facendo smorfie da mischia e simulando la carica.</div>
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"Per i paradenti invece abbiamo questi, si mettono in acqua calda e poi si mordono, lo vuole rosso o nero?"</div>
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Io faccio in tempo a girarmi per porre la domanda a mio figlio, quand'ecco che un autotreno da 440 qli, o forse una ruspa, ma no ... forse il Freccia Rossa lanciato a tutta velocità mi ha travolto colpendomi fortissimo alla bocca dello stomaco. <strong>Dell'urto ricordo solo l'immagine del caschetto</strong> calzato dal solerte inserviente a quel cinghiale neozelandese di mio figlio, che mi veniva incontro all'altezza della pancia. Ricordo anche di aver implorato invano ai miei addominali di contrarsi e di aver avuto la risposta che si ha quando si richiama una ex fidanzata dopo un anno e mezzo che non ci si fa vivi: no secco. </div>
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Per il colpo ricevuto sono sbiancato e - forse per compensazione o forse perchè pensavo agli All Blacks - con un filo di voce ho detto all'inserviente. "Me lo dia neroooooooooooo".</div>
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Ecco, <strong>io sono felicissimo che mio figlio si stia innamorando del Rugby</strong>, ma ho la netta sensazione di non avere il fisico.</div>
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FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-23587749.post-30891764823921057772012-10-01T09:00:00.000+02:002018-12-19T17:36:33.901+01:00Il ristorante del velo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-pJKq9HBR74Q/UGWOsOfFaGI/AAAAAAAAAEE/yBMU38iGDYs/s320/cuoco-chef-dubai.gif" width="288" /></div>
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<u>A volte penso che fare il genitore sia come fare il cuoco</u>.<br />
<b>Il piatto che porti in tavola deve essere perfetto, </b>gradevole alla vista, azzeccato nel gusto, bilanciato negli accostamenti, giusto di sale. E poi il ristorante deve essere in ordine, accogliente, con una bella atmosfera, una bella luce, pulito, comodo e non troppo caro. Tutti sanno, soprattutto il cuoco, che malgrado le mille attenzioni, <b>è sempre meglio che il cliente non varchi la soglia della cucina.</b> Non perchè si corra il rischio di vedere chissà chè. Non è che nella sua cucina ci sono i topi o c'è una sporcizia tale da fare inorridire un eventuale visitarore! E' piuttosto che, tutto quel rigore e quell'ordine - che un piatto ben servito trasmette - non proviene necessariamente da una cucina perfetta, sterilizzata, impeccabile e linda. Vuoi che non ci sia roba a mezzo? vuoi che non cada qualcosa? vuoi che non scappi <b>un dito nel naso</b>, una goccia di sudore, un mestolo che tocca prima qui e poi là? o qualche cibo sia preso con le mani, scontrato con una manica, appoggiato dove non si dovrebbe?<br />
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Diciamo che sarebbe buona norma che una <b>visita alle cucine fosse concessa solo ai clienti ormai affezionati</b>, legati a filo doppio al ristoratore da sentimenti di stima e di amicizia, in modo da far si che ogni piccolo dettaglio fuori posto o ogni piccola crepa nell'integrità igienica della cucina fosse vista con occhio bonario.<br />
Magari con un piccolo preavviso per darsi una rassettata...<br />
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<u>I figli allora sono come il cliente di un ristorante.</u> Le prime volte badano a tutto quello che vedono, sentono, provano. Si formano il gusto di giovani buongustai, <b>seguendo le indicazioni dello chef,</b> esplorando tutte le proposte che la carta offre loro. La varietà delle proposte che riceveranno e l'<b>ascolto ai loro gusti</b> che sentiranno di ottenere dal ristoratore, sarà quello che farà venir loro voglia di continuara a frequentare quel posto e sarà quello che costruirà, piano piano, un termine di paragone, uno standard col quale confronteranno tutto quello che incontreranno in futuro.<br />
Sarebbe inutile e fuorviante far loro visitare le cucine, prima di aver capito quello che quelle cucine hanno saputo produrre, prima di capire che - nel tempo - da quelle cucine, da quegli chef, sono arrivate continuamente ed instancabilmente proposte, risposte, ascolto, occasioni di confronto, di critica, di crescita.<br />
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Arriva poi il giorno della curiosità, delle visita alle cucine, del disincanto, della scoperta del fatto che - per fare una pietanza apparentemente semplice e ordinatamente disposta al centro di un piatto pulito - c'è bisogno di tavoli sporchi, coltelli affilati, fumo, vapore, pentole che bollono, padelle che friggono, odori, sudore, mani, stracci che puliscono, parole, liti, discussioni, imprecazioni.<br />
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Quel giorno crolla il velo, oppure no. Quel giorno si diventa tutti grandi.<br />
Diventano grandi i figli che hanno la possibilità di capire la fatica che occorre per <i>fare da mangiare </i>tutti i giorni e che <b>la fatica a volte ha cattivi odori, ha pessimi rumori e fa fare brutti errori,</b> ma il piatto quando esce dalla cucina è (quasi) sempre impeccabile. Accidenti! Che miracolo!.<br />
Diventano grandi i genitori che, anche se hanno qualche piccolo topo morto in un angolo, si rendono conto che forse tutto quel pandemonio di cucina che temevano di far visitare, non era poi così male e che il fatto di essere riusciti a far uscire piatti (quasi) sempre impeccabili ha prodotto clienti legati a filo doppio al ristorante.<br />
Per fortuna! Che fatica! <br />
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<br />FEDERICO GHIGLIONEhttp://www.blogger.com/profile/03635586990249961689noreply@blogger.com2